I primi due secoli della di Pasquale Villari
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CAPITOLO SECONDOsul quale dobbiamo ora fermarci, perché ne sorge una questione, che non è solo di forma, ma ha una vera importanza storica.
Un tale linguaggio non deve recare gran meraviglia, se pensiamo che lo studio degli elementi del diritto romano, unito a quello della retorica,1 dell' ars dictandi, faceva allora parte del Trivium, e s'insegnava perciò largamente in Italia. Xella prima metà del secolo xi, uno studio anche più elevato del diritto era già fiorente nella scuola di Ravenna, di dove faceva sentire la sua crescente azione in tutta la Romagna, e di là in Toscana. Pareva che questo diritto rifiorisse spontaneamente dal seno stesso delle popolazioni latine, in mezzo alle quali non s'era mai interamente perduto: nel suo nuovo vigore esso modificava, alterava le istituzioni, le legislazioni diverse con cui veniva a contatto. 2 Infatti nelle sentenze di Beatrice e di Ma tilde troviamo qualche volta citato il Digesto, che secondo la procedura del tempo, era portato nei tribunali da coloro che su di esso fondavano i loro diritti. 3 Che anche i Fiorentini attendessero a questo studio, e tenessero in gran pregio il diritto romano, ne abbiamo una prova abbastanza manifesta
1 Tihetor era allora sinonimo di causìdicus.
2 Di tutto questo si occupò molto il Ficker nelle sue Forschungen, e dopo di lui il Fitting, Die Anfdnge dcr Rechtsscliule zìi Bologna: Berlin und Leipzig, 1888.
3 Lege Digestorum libris inserta, considerata. Cosi si legge ili un placito del 1076 pronunziato dal messo di Beatrice in Marturi, presso Poggibonsi (prope plebem Sancte Marie, territurio fiorentino), dove si nota anche la presenza di Pcpone, il precursore d'Irnerio. Un Fiorentino, che contendeva il possesso di alcune terre al monastero, adduceva la temiwris praescriptio, e si fondava sul Digesto, che, secondo la procedura del tempo, portava nel tribunale. Vedi Fitting, op. cit. pag. 88; Zdekauer, Sull'Origine del manoscritto pisano delle Vandette giustinianee-. Siena, Torrini, 1890. In un documento del 1061, in cui si tratta d'una lite fra due Chiese di Firenze (V. Della Rena e Camici A ol. II, 2, pag. 99) si legge: Iudices secundum romanae legis tenorem, vtramque ceperunt inquirere partem. Secondo il Ficker, i giudici qui sarebbero fiorentini : und zu ur scheinen das die geiriihnlichen stadlischen Iudices voti Florenz zu crin. Ficker, III, parag. 469 pag. 90. Il cronista Goro Dati, che mori ai primi del secolo xv, affermava nella sua cronica, che i notai fiorentini erano i più reputati di tutti, sebbene i più celebri dottori in legge fossero quelli di Bologna. Vedi Dati, Storia di Firenze, ediz. fiorentina del 1735, a pag. 133.
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