I primi due secoli della di Pasquale Villari
88 CAPITOLO SECONDOa Roma, il 23 giugno 1081, egli non solo garantiva a Lucca la integrità delle sue mura, ma le concedeva facoltà di non permettere ad alcuno di costruire castelli dentro le Città o nel contado, a sei miglia d'intorno, e le assicurava clie non sarebbe costretta a edificare palazzo imperiale. Dichiarava inoltre che non manderebbe messo imperiale a pronunziar sentenze nella Città, riservando però il caso che fossero presenti l'Imperatore stesso, il suo figlio o il cancelliere. Finalmente annullava le perverse consuetudini imposte da Bonifazio III a danno di Lucca,1 a cui dava libera facoltà di esercitare il proprio commercio nei mercati di S. Donnino e di Capannori, dai quali espressamente escludeva i Fiorentini. Quest' ultima clausola ci prova ad un tempo l'avversione dell'Impero contro Firenze, e l'importanza che doveva allora avere già preso il commercio di questa città. Nel medesimo anno, con un altro diploma, furono a Pisa garantite le sue antiche consuetudini, ed Arrigo le dichiarava, che non avrebbe nelle mura o territorio di essa mandato a far placiti alcun messo imperiale, appartenente ad altro contado. Ma, quello che è più ancora, dichiarava che non manderebbe in Toscana alcun marchese, senza il consentimento di dodici Buoni Uomini, eletti dall' assemblea popolare, radunata in Pisa al suono della campana.* Qui, se noi ancora non vediamo apparire i Consoli, abbiamo però in questi Buoni Uomini o Sapientes eletti dal popolo, i loro precursori, ed abbiamo già una popolare
1 Consuctudims edam perversa.* a tempore Bonifadii Marchionis duriier eisdon impositas, omnìno inferdicìmus. Ficker, Voi. I, parag. 136, a pagine 255-0, e il (loc. stesso nel voi. IV, pag. 124-5; Pawinski, Zur Entsteliungsge-seJiicJite des Consulats in den Comunen Xord-nnd Mittel-Italie ns: Berlin, lStV7, pag. 29.
Xre M'trcli'onem uliquem in Tusciam mitfemus sine laudatione hominum d,iodi vini clrctornm in Colloquio facto sonantibus campaniis. Murat. Antiq. IV, 2o. Vedi anche Ficker e Giesebreciit, più sopra eitati, e Pawinski, pag. 31. Mi è dubitato clic in questi diplomi (di cui non si lui l'originale, ina una eoj.ia antica), e più specialmente nel secondo, possa esservi stata qualche interpolazione, cosa che il Ficker ed il Pawinski contrastano. In ogni modo la sostanza dei due documenti è ora ammessa dai più autorevoli scrittori. V. Ficker, voi. III, pag. 408; (iiescbrccht
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