I primi due secoli della di Pasquale Villari
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Val di Biena, dove misero il campo, 11011 lungi dal fiume Arbia e dal castello di Montaperti, a quattro miglia da Siena. La mattina del quattro settembre i Senesi, sopra tutto i Tedeschi, iniziarono con grandissimo slancio la battaglia. Il conte d'Arras si teneva con la sua banda in agguato, per attaccare di fianco il nemico, al momento opportuno. Sino all' ora di vespro i Fiorentini resistettero con valore, ma poi cominciarono a dar segni di stanchezza. Ed allora il conte d'Arras, uscendo dall'agguato, al grido di San Giorgio, piombò sul loro fianco con tale impeto, che subito li sgominò. Nello stesso tempo, Bocca degli Abati, uno dei Fiorentini che tradivano, mozzò, con un colpo di spada, la mano a Iacopo dei Pazzi, che teneva la bandiera della cavalleria. E questa, che era quasi tutta di nobili, parte per lo sgomento, parte pel tradimento, si dette alla fuga. La fanteria, composta invece di buoni popolani e fedeli alleati, tenne ancora fermo ; ma poi cedette, e fu anch'essa trascinata nella fuga generale. Solo la guardia del carroccio, comandata da Giovanni Tornaquinci, che a 70 anni combatté da leone, stette salda fino a clie l'ultimo di essa non fu morto accanto alla bandiera, la quale, con la Martinella e col carroccio, cadde in mano del nemico, che li portò via, trionfando, in Siena, dove mise in pezzi ogni cosa.1 La strage fu grandissima, molti dei Fiorentini correvano al castello di Montaperti, gridando: misericordia, eh' io m' arrendo ; ma erano uccisi lo stesso. Finalmente il capitano dei Senesi, conte Giordano, d'accordo coi gonfalonieri del popolo, consigliato anchè da Farinata degli Uberti, mandò ordine, che si sospendesse la strage, e restasse salva la vita di chi s'arrendeva.2 E assai difficile dire qual fosse in quel giorno funesto il numero dei morti. Il Villani, che li riduce al minimo, afferma che i cavalieri si salvarono tutti
1 Nel Duomo di Siena si conservano anche oggi le antenne che la tradizione crede essere appartenute al carroccio fiorentino. Ma gli eruditi senesi, con ragione credono ora, che appartenevauo invece al carroccio della loro città.
2 Paoli, op. cit., pag. 58.
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