I primi due secoli della di Pasquale Villari
IL PREDOMINIO DI FIRENZE IN TOSCANA
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siero di Roma, comprendendo che era tempo di profittarne, secondandolo. E lo facevano tanto più volentieri, quanto più volevano non solo mettere un freno alla crescente autorità di Carlo, ma riparare ad un altro danno, che questa supremazia già faceva nascere nella Città. Carlo era circondato sempre dai suoi baroni e soldati, che come stranieri non erano ben veduti ; da nobili e cavalieri guelfi di Toscana e d'altre parti d'Italia. In Firenze egli favoriva costantemente la vecchia nobiltà guelfa ; ed ogni volta che vi si fermava, creava sempre nuovi cavalieri. Cosi i mercanti guelfi, fatti nobili, s' univano agli altri, e pigliando nome di Grandi, si trovavano subito in opposizione col popolo, e ridestavano tutto l'antico odio della democrazia fiorentina, la quale, come non aveva voluto in passato tollerare la superbia feudale dei Ghibellini, cosi non voleva ora tollerare neppure quella dei vecchi e nuovi Guelfi. Bisognava dunque in ogni modo frenarli, ed a ciò pareva opportuno consiglio richiamare i Ghibellini loro nemici e del Re. Il popolo avrebbe in tal modo ricevuto forza dalla divisione dei nobili, e lasciandoli consumarsi fra loro, avrebbe anche indebolito il numero di coloro che si dimostravano troppo ossequenti a Carlo. Il quale perciò non poteva farsi illusione di sorta sul segreto significato di questi maneggi, e massimamente sulle vere intenzioni del Papa. Egli sapeva che questi sollecitava ora i Tedeschi ad eleggere Rodolfo d'Asburgo a re dei Romani, perché cessasse l'interregno imperiale, e quindi il vicariato di Carlo. Quale altra ragione poteva avere il Papa per desiderare un Imperatore, se non quella d'indebolire la potenza degli Angioini ? Pure il Re ed il Papa s'infingevano, e sembravano essère tuttora nel migliore accordo del mondo; ma il vicendevole sospetto traspariva continuamente.
« discretum et fidelem, cuius devotionem, fidem et probitatem in magnis « t'aetis nostris cognovimus, firmiter et ab experto vobis concessimus, seenndura quod vestra postulatio contiuebat, et volumus quod sit contentus « salario et expensis et emendis, prout in ipsius civitatis statutis continetur, nec ultra aliquid exigat ». Del Giudice. Codice Diplomatico, II, 116-7. D'ora in poi parecchi sono i Podestà italiani, nominati da Carlo in Firenze.
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