I primi due secoli della di Pasquale Villari
248 CAPITOLO QUINTOdici, ed alcuni anche a quindicimila, forse perché vi computano molti dei morti, che furono 5,000. Certo è che dopo la battaglia della Meloria, soleva dirsi in Toscana, che per veder Pisa bisognava ormai andare a Genova.
Quando i superstiti pisani ritornarono a casa. tutti i cittadini uscirono nelle strade, per aver notizia dei loro parenti, e non vi fu quasi nessuno che non dovesse piangere qualche morto o prigioniero. Una moltitudine di donne, di vecchi e bambini, errava per la città come forsennata, a segno, tale, che i magistrati dovettero dare ordine, che ognuno tornasse alle proprie case. Ben presto tutti in Pisa erano vestiti a bruno, e per le vie non si vedevano che donne. A Genova, invece, era dovunque gioia e tripudio; né l'odio contro i nemici s'era per la vittoria punto scemato. E di ciò s'ebbe una prova, quando si venne a discutere che cosa dovesse farsi dei prigionieri. Alcuni proposero di restituirli per una grossa somma di danaro ; altri volevano invece avere il Castel di Castro, in Sardegna, eh' era la chiave dei possedimenti pisani in quell' isola ; ma non fu vinto nessuno di questi partiti. Si levarono oratori, i quali proposero di ritenere i prigionieri fino a che non fosse finita del tutto la guerra. In tal modo, si diceva, le donne resterebbero vedove, senza potersi rimaritare, e si sarebbe impedito alla popolazione, e quindi all' armata pisana, di rifarsi delle perdite sofferte. La guerra infatti durò sedici anni ancora, e quando i prigionieri vennero restituiti, erano ridotti a poco più di mille, gli altri essendo morti per le malattie, l'età, le ferite o gli-stenti sofferti.
ViliMal si potrebbe dire, se in questi anni sia stata maggiore l'energia eroica dei Pisani nella sventura, o 1' odio insaziabile dei loro nemici. Subito dopo la terribile rotta della Meloria, i Fiorentini ed i Lucchesi offerirono a Genova d' allearsi, per compiere insieme lo sterminio della
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