I primi due secoli della di Pasquale Villari
IL PREDOMINIO DI FIRENZE IN TOSCANA
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Narrano i cronisti, cho egli inviasse ai rettori eli Firenze un dono di fiaschi con vino di vernaccia, in fondo ai quali aveva messo fiorini d'oro per corromperli.1 Questa tradizione prova solamente, che egli era tenuto capace di ricorrere ad ogni mezzo pur di raggiungere i suoi fini. Ma ben duri furono i sacrifizi, che dovette imporre a Pisa, per indurre i Fiorentini a sospendere la guerra contro di essa. Bisognò cedere terre e castelli importanti, come S. Maria a Monte, Fucecchio, S. Croce, Monte Calvoli, e mandare in esilio i Ghibellini, riducendo la città a parte guelfa, il che per una repubblica stata sempre ghibellina, era un' umiliazione grandissima. Pisa doveva ormai piegarsi a tutto, perché trattavasi di salvare la propria esistenza. Quando però i Genovesi e i Lucchesi s'accorsero che erano abbandonati da Firenze, la quale sosteneva i Pisani contro Lucca, i lamenti furono cosi grandi contro la violata fede, che il conte Ugolino, per far tacere almeno i Lucchesi, cedette loro Bientina, Ripafratta e Viareggio. In questo modo l'orgogliosa repubblica pisana restringeva il suo territorio fin quasi alle mura, privandosi d'ogni difesa dalla parte di terra, quando le sue navi erano su tutti i mari inseguite e predate dai Genovesi. Solo il conte Ugolino trionfava in mezzo a tante rovine ed umiliazioni, perché comandava in città, ed era tutto quel che voleva. Ma nel suo ambito dominio egli era essai meno sicuro di quel che pensava, perché i fieri spiriti pisani non erano del tutto domati, e già i più tolleravano assai male una tirannia interna, che non riusciva a salvare dalle umiliazioni esterne. Ogni più piccola occasione faceva ora veder segni manifesti, che le passioni cittadine potevano da un momento all'altro prorompere.
Un' altra causa di mali umori continuavano ad essere le trattative per riavere da Genova i prigionieri, che formavano parte non piccola della migliore gioventù pisana. Tutti desideravano riaverli in ogni modo; ma il Conte
1 Villani, VII, 98; Malespini, CCXLIII.
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