I primi due secoli della di Pasquale Villari
DELLE ARTI MAGGIORI IN FIRENZE
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venire dall'Oriente la materia prima. Ma quando l'Arte della lana cominciò inevitabilmente a decadere, allora tutto l'ardore di Firenze si rivolse alla seta, e i progressi furono rapidissimi. Nei primi anni del secolo xv, Gino Capponi, quel medesimo che era commissario all'assedio di Pisa, insegnò ai Fiorentini 1' arte di filar l'oro, che essi avevano sino a quel tempo fatto venire da Colonia o Cipro, per tesserlo colla seta. E cosi cominciarono quei finissimi broccati d'oro e d'argento, nei quali, gareggiando l'industria col genio artistico, i Fiorentini furon subito senza rivali. I mercati, donde erano cacciati i pannilani, vennero subito riconquistati dai drappi di seta e dai broccati. Nella seconda metà del secolo xv troviamo, infatti, che Benedetto Dei, mercante della compagnia dei Bardi, scriveva ai Veneziani una lettera, nella quale, lodando le glorie e la grandezza del commercio fiorentino, diceva : « Noi abbiamo due Arti più degne e più magne, che non ha la vostra città di Vinegia, por ognun quattro ». E continuava presso a poco cosi : « I nostri panni di lana vanno a Roma, a Napoli, in Sicilia, in Morea, Costantinopoli, Bursia, Pera, Gallipoli, Scio, Rodi, Salonicco. Dappoi di seta e broccati d'oro ne facciamo più che Vinegia, Genova e Lucca insieme, e lo vedete a Lione, Bragia, Londra, Anversa, Avignone, Provenza, Ginevra, Marsiglia, dove sono case, banchi e fondachi».1 Da questa lunga enumerazione di città si vede chiarissimo, come, al tempo del Dei, i panni di lana, padroni ancora dell' Oriente, erano stati cacciati dai mercati principali dell' Occidente, dove era già entrata la seta; e cosi le due Arti si dividevano fra loro il commercio, una nell' Oriente, 1' altra nell' Occidente. V' erano allora in Firenze, secondo il medesimo Dei, 83 botteghe che facevano i drappi di seta, oro e argento, che chiamavano damaschini, velluti, rasi, taffetà,
1 Vedi la Cronaca (1470-92) del Dei, che si trova fra i cod. Magliabe-cìiiani, e della quale molti brani importanti furono pubblicati in appendice al secondo volume della Decima del Pagnini.
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