I primi due secoli della di Pasquale Villari
GLI ORDINAMENTI DELLA GIUSTIZIA
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« stione; debbono però costoro, per si piccole cose, essere « disfatti? »1
In questo modo sorse fra di loro il pensiero di cospirare contro la persona di Giano, capo e istigatore del popolo, e cosi farla finita una volta per sempre. La cosa non doveva esser di difficile riuscita, a cagione del carattere impetuoso, aperto, imprudente di lui. Il suo predominio sul popolo minuto era grandissimo, ma anche qui v' era un' altra cagione di debolezza. La plebe e le Arti minori vivevano , come vedemmo, colla piccola industria, col piccolo commercio nell'interno della Città, e facevano i loro maggiori guadagni coi nobili, i quali perciò avevano su di esse molta autorità, e fra di esse trovavano parecchi seguaci. Da un altro lato non mancava sin d' allora una qualche gelosia tra il popolo minuto ed il popolo grasso, il quale viveva, invece, principalmente col commercio d'esportazione e d'importazione,2 ed era indipendente dai Grandi, che odiava e voleva abbattere. Xon per questo però il popolo grasso poteva veder con piacere che Giano sollevasse l'ambizione e la potenza della plebe, la quale era scontenta perché si trovava esclusa dal governo, e cominciava a desiderare di prendervi parte.
S'aggiunse pili tardi l'elezione di Bonifazio VIII (dicembre 1294), il quale aveva un' ambizione smodata di temporale dominio, e credeva che, per la vacanza dell'Impero, il Papato potesse ora assumerne in Italia ed in Europa i diritti. Voleva perciò specialmente in Firenze, che era capo di Toscana, e dove già i suoi predecessori avevano nominato Carlo d'Angiò vicario imperiale, accrescere la propria autorità. Cominciò quindi a intendersela subito coi Grandi, coi quali era molto pili facile venire ad accordi, perché, trovandosi essi già indeboliti, avrebbero ben volentieri ripreso il governo della Città in nome suo, come i loro antenati ghibellini lo avevano più volte tenuto in
1 Compagni, I, 12, pag. 55.
2 Vedi cap. VI di quest' opera.
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