I primi due secoli della di Pasquale Villari
GLI ORDINAMENTI DELLA GIUSTIZIA
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E i Grandi correvano allora malignamente a dire ai giudici ed ai beccai, che esso voleva rovinarli con nuove leggi.1 Continuando poi l'astuta trama, consigliavano una legge contro gli sbanditi, colla speranza di poterla presto applicare a lui stesso. Pare che egli fosse per cader nella rete, ma ne fu avvertito in tempo. E allora, senza più volere ascoltare né amici né nemici, non consenti che nessuna legge si proponesse, minacciando di farli uccidere tutti. Cosi si sciolse l'adunanza, senza concludere altro che irritar sempre più gli animi.2
Ma i Grandi non perciò s'arrestavano. Vedendo che Giano aveva sempre molti amici, e non era sperabile di vincerlo con quelle astuzie, si radunarono soli in S. Iacopo Oltrarno, per discutere sul da fare, e tornarono allora in campo i consigli violenti. Betto Prescobaldi, suo nemico personale, colui che gli aveva già posto le mani sul viso in S. Piero Scheraggio, disse: « Usciamo di questa servitù; « prendiamo l'arme e corriamo sulla Piazza; uccidiamo amici « e nemici di popolo, quanti noi ne troviamo, sicché giammai noi né i nostri figliuoli non siamo da loro soggiogati». Ma di nuovo si opposero i fautori dell'astuzia, e Baldo della Tosa, con molta calma, disse: « Il consiglio del savio « cavaliere è buono, se non fosse di troppo rischio, perché « se il nostro pensiero venisse manco, noi saremmo tutti « morti. Vinciamgli prima con ingegno, e scomuniamgli « con parole pietose.... E cosi scomunati, cacciamgli per « modo che piti non si rilevino ».3
Se non che a un tratto, l'occasione opportuna alla violenza si presentò da se stessa. Corso Donati, uno dei più potenti e prepotenti nella Città, spinse alcuni suoi uomini
1 Dino Compagni, I, 13; Villani, VII], lo.
2 Ibidem. L'autore non (lice che sorta di riunioni erano queste, in cui Grandi e popolani si trovavano insieme. Potevano essere riunioni private o preparatorie; ma anche nei Consigli della Parte Guelfa, come in quelli del Podestà, Grandi e popolani erano insieme, ed avevano perciò continua occasione di parlar fra loro delle cose di Stato, e discutere proposte di leggi.
3 Ibidem, I, 15.
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