I primi due secoli della di Pasquale Villari
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CAP. X — DANTE, GLI ESULI FIORENTINI ecc.
col suo suggello, e s'affermava che i fuorusciti erano pel Mugello venuti fino a Trespiano, tornandosene indietro solamente quando seppero che i meditati disegni erano andati in fumo. Il Villani dice che queste erano calunnie;1 ma anche dalle Epistole attribuite a Dante Alighieri si deduce che il Cardinale voleva davvero il ritorno dei fuorusciti, ed aveva perciò trattato con loro.2 Adesso però egli era finalmente stanco, e partissene il 10 giugno, lasciando al solito la Città interdetta, ed esclamando : « Dappoiché vo-
1 Vili, cap. 69, pag. 87.
2 Un' epistola, senza data e senza nome d'autore, indirizzata al cardinale da Prato, dal capitano Alessandro (che si suppose essere Alessandro da Romena), dal Consiglio e dalla Università della Parte Bianca, fu pubblicata tra quelle di Dante, che l'avrebbe seritta per i suoi eompagni d'esilio, e tale per lungo tempo venne ritenuta dai biografi. Il nome del capitano non si trova però nell' antico manoscritto, da eui la lettera fu pubblicata, e nel quale si legge solamente: A. ca. (Epistola Ia nell' ediz. Fraticelli: Firenze, Barbèra 1863).
Essa, rispondendo ai consigli ed alle lettere del Cardinale, dice, ehe i Bianchi gli sono grati e son disposti alla paee. Ad quid aliud in civile beì-him corruimus? Quid eiliud candida nostra signa petebant? Et ad quid aliud enses et tela nostra rtibebant, nisi ut qui civiltà iura, temeraria voluntate trun-caverant, et iugo piae legis colla submitterent, et ad pacem patria e cogerentur? Dante in sostanza avrebbe dunque detto : — Noi ei siamo ribellati solo perché vogliamo rispettate le leggi e la nostra libertà; né altro desideriamo se non ehe la giustizia e la paee trionfino di nuovo. — Sarebbe stato, mi pare, un linguaggio degno di lui.
Ma recentemente s' è messo in dubbio ehe la lettera sia di Dante. Il professor Bartoli esamina il soggetto da tutti i lati, discute con molto aeume le varie opinioni, e dopo una lunga e dotta indagine, conclude: che mancano le prove storielle per affermare o negare elie sia veramente di Dante (Storia della letteratura italiana, voi. V, cap. 8, 9, 10). Il prof. Del Lungo dice che lo stile della lettera, eosi pei pregi, come per alcuni suoi difetti, è dantesco; ina che questo solo non basta ad affermare che essa sia del sonnno poeta, potendo essere stata inveee scritta da un contemporaneo trovatosi nelle medesime condizioni di lui. Anzi, venendone ad esaminare il contenuto, ritiene ehe non possa esser sua fra le altre ragioni, prineipalmente perché le parole candida nostra signa, ed enses et tela fiostra rubebant ecc. si ritrovano quasi identiche nel Compagni, là dove parla del fatto della Lastra, avvenuto il 20 luglio 1304. Da ciò egli argomenta ehe a quel fatto la lettera eertamente alluda; e quindi dovè essere stata scritta dopo. Or siccome Dante s' era già prima separato dagli esuli, 6 chiaro, dice il Del Lungo, ehe non può essere stato 1' autore della lettera.
Io non so persuadermi che essa debba assolutamente alludere al fatto della Lastra. — Le nostre bianche insegne furono spiegate, e le nostre
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