I primi due secoli della di Pasquale Villari
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e corse alle armi coi della Tosa, con gli altri Grandi loro amici, coi soldati catalani del Do la Rat. L'accusa di traditore della patria fu contro il Donati portata al Podestà Piero della Branca di Gubbio, e in meno d'un' ora, accusa, bando e condanna erano sanzionati. Subito dopo i Signori, il Podestà, il Capitano, l'Esecutore, con la loro famiglia, coi Catalani, le compagnie del popolo e i cavalieri, corsero a S. Piero Maggiore, ed ivi assalirono le case del Donati. Esso si difese allora cogli amici cosi gagliardamente, che se Uguccione e gli altri fossero, come avevano promesso, venuti in tempo, vi sarebbe stato veramente assai da fare. Sembra che da Arezzo si fossero mossi ; ma che, sentito come già tutta la città s' era levata a tumulto contro di lui, se ne tornassero indietro. Certo è che nessuno venne, e che Mess. Corso ben presto si vide abbandonato anche da molti degli amici fiorentini, che, allontanandosi dai serragli, disertarono la zuffa. Allora il popolo irruppe, ed egli dovè abbandonare le sue case, che furono subito disfatte. Con pochi dei più fidi, prese, fuggendo, la via di Porta alla Croce, inseguito da cittadini e da' Catalani. Il primo ad essere raggiunto in sull'Africo, fu Gherardo dei Bordoni, che venne subito ^ucciso. Poi gli tagliarono la mano, che andarono ad affiggere alla porta di Tedici degli Adimari, perché questi era stato colui che
10 aveva indotto ad unirsi col Donati. Pochi momenti dopo
11 Donati stesso fu raggiunto a San Salvi dai Catalani, che subito lo uccisero, come loro era stato ordinato. Altri dicono, invece, che egli tentò prima di corromperli con promesse di danaro, e non essendovi riuscito, si lasciò, per non venire nelle mani dei suoi nemici fiorentini, cadere a terra, dove fu. con un colpo di lancia alla gola, finito. I monaci di San Salvi ne raccolsero il corpo, ed il giorno seguente lo seppellirono nella Badia assai modestamente, per non incorrere in odio.1
Quale fosse la causa di questo improvviso e irrefrenabile furore di popolo, è chiaramente espresso nelle lettere
1 Villani, Vili, 96; Dino Compagni, III, 20 e 21.
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