I primi due secoli della di Pasquale Villari
166 CAP. X — DANTE, GLI ESULI FIORENTINI ecc.
dori. In conseguenza di che furono accettati come amici con la condizione « che, in ogni atto e fazione, dovessero « fare come distrettuali e cittadini ».1
Questo fu il processo con cui dal principio alla fine della sua storia, il Comune di Firenze andò accogliendo i nobili nel proprio seno. Ma fu anche il modo col quale i Grandi, quantunque vinti e sottomessi, ritrovavano in città sempre nuove forze. Essi perciò non tralasciarono di combattere il popolo e la Repubblica, prima fuori, poi dentro le mura, se non quando furono da essa distrutti, dal che non siamo ora molto lontani. E se in mezzo a questa lotta cosi sanguinosa, la prosperità di Firenze non accenna ancora a diminuire punto, occorre tener presente due cose. I continui conflitti da noi esposti nascevano dal bisogno costante d'escludere dal seno d'una repubblica di mercanti, il corpo estraneo del feudalismo, che minacciava di impedirne il naturale incremento. Ma queste guerre civili si combattevano fra un numero comparativamente piccolo di cittadini, che volevano impadronirsi d'un governo, il quale esercitava allora sulla società un' azione assai minore di quello che generalmente si suppone. La forza, la direzione vera della Repubblica stavano assai meno nella Signoria, mutabile ogni due mesi, che nella costituzione economico-politica delle Arti, fortemente ordinate e finora almeno sempre concordi fra loro. Lo Stato moderno che ogni cosa assorbe, le cui scosse scuotono perciò tutta la società, ancora non esisteva nel Medio Evo. Le repubbliche italiane erano piccole confederazioni di associazioni, alla cui testa si trovava un governo centrale cosi debole, che qualche volta poteva essere per un momento anche soppresso, senza che se ne risentisse gran danno.
VIILa morte di Corso Donati pose fine alla tragedia cominciata con la cacciata dei Bianchi; ed un nuovo avvenimento mutò ora le condizioni, non solo di Firenze, ma.
1 Villani, Vili, 100.
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