I primi due secoli della di Pasquale Villari
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CAP. X — DANTE, GLI ESULI FIORENTINI ecc.
tato da Arrigo TII, che egli invoca, è quello appunto che rende impossibile questo Stato. Cosi ciò che v' ha di nuovo, quasi di profetico, nel suo libro, è distrutto da ciò che vi ha di teorico e di scolastico. Lo Stato laico, indipendente, che egli già vede con la sua gran mente, deve trionfare ; ma questo trionfo farà sparire l'Impero medioevale, di cui egli, col suo libro, voleva scrivere l'apoteosi, e scriveva invece l'epitaffio, come fu giustamente osservato. Eppure il concetto non solo dello Stato, ma dello Stato nazionale, sebbene in confuso e da lontano, più d'una volta balena nel suo libro, svolgendosi faticosamente attraverso il classicismo che risorge. L' Impero infatti è inseparabile dalla Città Eterna, da cui deriva, di cui è l'erede. La venuta dell'Imperatore a Roma, sua sede naturale, permanente, dovrà ricondurla all' antica grandezza. E Roma e l'Italia non sono una sola e medesima cosa ? Arrigo TII è il rappresentante non solamente del diritto, ma della pace, della libertà, della civiltà, e l'Italia troverà in lui la fine delle sue miserie, la garanzia delle sue libertà. Xon è egli il padrone del mondo? Epperò nulla può desiderare di più, e non potrà non essere a tutti giusto signore e padre, rispettando tutti i diritti e le giurisdizioni legalmente acquisite. Ma era ajypunto questo suo voler esser signore di tutto e di tutti, ciò che si opponeva a quello spirito nazionale, che già si cominciava a sentire da molti, e che, quasi a sua insaputa, veniva cosi vivamente esaltato dall'Alighieri, nel momento stesso che lo negava col chiedere la resurrezione dell' Impero.
Una tal contraddizione rendeva tragica davvero la condizione in cui lo spirito di Dante si trovava. Egli era profondamente sincero e convinto della verità delle sue idee. Pieno di santo sdegno contro coloro che aiutavano il Papa e gli Angioini, memore di ciò che aveva visto operare da Bonifazio TIII e da Carlo di Talois in Firenze, prevedeva, quasi vedeva le molte calamità che i suoi avversari avrebbero, colla loro ostinazione, fatto ripiombare su tutta Italia. Ma non vedeva che il suo concetto politico avrebbe ricon-
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