I primi due secoli della di Pasquale Villari
184 CAP. X — DANTE, GLI ESULI FIORENTINI ecc.
nulla di ciò che era seguito del loro esercito, trovandosi come sorpresi, corsero subito alle armi, e sotto i gonfaloni del popolo andarono alle mura, dove venne anche il vescovo, armato coi suoi preti. Dopo due giorni, i militi che erano andati incontro all'Imperatore, per vie traverse tornarono in Firenze, dove arrivarono anche aiuti da Lucca, Siena, Pistoia, Bologna, dalla Romagna, da tutte insomma le città della Lega. E cosi, secondo il Villani, si mise insieme un esercito di 4000 cavalli, con numero infinito di fanti. L'Imperatore, che aveva solo S00 cavalieri tedeschi, mille italiani e buon numero di fanti non potè far altro che dare il guasto alla campagna. Fortunatamente per lui 1' annata era stata assai fertile, e quindi non mancarono le vettovaglie ai suoi soldati. I Fiorentini, sebbene in numero tanto superiore, non osarono neppure adesso uscire a battaglia; ma nella città si sentivano tanto sicuri, che solo le porte di fronte all' Imperatore erano chiuse, le altre restavano aperte, e i traffici procedevano come in tempo di pace. In tal modo si continuò sino al novembre, quando la notte d'Ognissanti Arrigo VII, ormai stanco ed esausto, se ne parti per Poggibonsi e Pisa. Lo seguirono i Fiorentini, e più volte lo assalirono per via, ora con prospera, ora con avversa fortuna. A Poggibonsi restò fino al 6 marzo 1313, privo di denari e di vettovaglie, con l'esercito stremato in modo che non aveva più di mille cavalieri. Pure continuò la sua via e, sebbene gli assalitori fossero, secondo il Villani, quattro contro uno, potè pur sempre resistere, arrivando a Pisa il 9 di marzo.
Era allora, pei travagli dell'animo e del corpo, rovinato in salute, senza danari, senza soldati, pure senza aver perduto la sua fede e la sua calma. Iniziò quivi molti processi contro i Fiorentini, che privò delle loro giurisdizioni ; depose i loro giudici e notai; impose grosse taglie; condannò nell' avere e nella persona molti dei loro cittadini, sentenze che restarono tutte prive di effetto. Ma egli continuava senza darsene pensiero. Proibì loro di batter moneta, consentendo ad Ubizzo Spinola di Genova, ed al marchese
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