La storia della antica Liguria di Girolamo Serra
348 LIBRO TERZOPresero ancora il Romelino. Pure che giova, se i difensori della Sueta stanno in sicuro sotto le sue vaste vòlte, e il gran fosso impedisce di andarne all'assalto? Propongono i Genovesi di ricolmarlo co'rottami della città; con massi spaccati dal monte, e a forza di zelo, l'opera condannata da molti per impossibile, riesce a buon fine. Sulla nuova colmata si fabbrica un castello quadrangolare, mobile, mediante più ruote, e capace di trecento persone per uso di trenta mangani. Di passo in passo la mole fulminante s'appressa alla Sueta; ma i nimici scagliandole pesi di du-gento libbre, le rompono l'angolo esteriore. Tratta addietro e rifatta, copresi tutta con reti di corda si grosse e sì fìtte, che i colpi rimbalzino addietro senza recare il minimo danno. In questo le genti del Conte, scarse di paghe, lo abbandonano, eccetto venti uomini d'arme. Ma i Genovesi, tanto più animati quanto la gloria era men divisa, portano il loro castello nel luogo più idoneo al massimo urto, e dì e notte traendo fan larga breccia. Cadono gli archi, si scuoprono le volte interiori della cittadella, e gli Àlmoravidi ridotti all'estremo pattuiscono, che non avendo soccorso fra quaranta giorni, s'arrenderanno. ( A dì 3o di dicembre.) Al termine convenuto la cittadella inalberò sopra un merlo smozzato le bandiere de Genovesi e del Conte, le yinte malizie deposero le armi, e la città e l'isoletta furono divise secondo gli accordi 0 Tortosa mon fosse ricca, o s'arrendesse salve le persone e gli averi, certo è che il debito fatto dalla Repubblica per rifornire l'armata non si pagò altrimenti che
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