La storia della antica Liguria di Girolamo Serra
CAPO PRIMO 239
medesimo giorno, alla medesima ora, senza distinzione di forestieri o nazionali. L'atto di accusa rimproverava loro l'idolatria di un gatto e cerimonie infami. I delatori erano gente scacciata dall'Ordine pe'loro vizi. Non prove scritte, non testimonianze onorate furono i modi tenuti pertiungere alla verità, ma duro carcere, minacce i fuoco ardente, promesse di perdono e torture sì atroci, che molti vi esalarono l'anima, e molti fuori di sè confessarono tremando e piangendo gl'imputati delitti. Vero è che lungi da riconfermare l'estorte confessioni innanzi all'ultimo supplizio, una gran parte di questi le ritrattò, imperturbabile sugli eculei e i roghi. Jacopo di Molai gran maestro dell'Ordine citò moribondo al divin tribunale il pontefice e il re, i quali nel medesimo anno i3i4 furono chiamati a darne conto. Un altro a'commessari della causa voltandosi con due ossa abbrustolate in mano, gridò: Queste mi si staccarono quando mi tennero i piè sulle braci nel primo esame. Guardate 1 pur viva il cielo che la milizia del Tempio è innocente!... Fra questi martiri della verità o dell'onore si annoveravano due Genovesi (I), Bernardo da Vado l'autore di quell'alta protesta, e Niccolò di Serra, uno de'cavalieri che si offerirono a difendere l'Ordine e poi morire, ma negata fu la difesa e accelerata la morte.
Dopo una lagrima a que'generosi volgiamo altrove lo sguardo. Poiché Federigo II ebbe finiti i
(I) Raynouard Moirnm., rei. à la condamnation des chcr. du Tempie, p. 73, 236 e 238.
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