La storia della antica Liguria di Girolamo Serra
CAPO SESTO 429
si difendono in modo, che dove ognuno si trovava da principio, là si mantiene. Un marinaio genovese veggendo il vento soffiar più ga raduna paglia, pegola e canne; empie di quelle una barchetta e spogliatosi nudo si mette a vogar verso il ponte. Come vi è sotto, dà fuoco alla paglia, si slancia nell'acqua, e con una mano sostiensi a nuoto, con l'altra afferra il legno infuocato a piè del ponte. L'incendio si dilata, il fumo e la fiamma si levano in alto, i difensori sbigottiti fuggono alla porta Mariana. 1 Genovesi e i Padovani raddoppiano l'impeto; la guardia del bastione l'abbandona; l'ultimo piè del ponte e la porta stessa son prese; le navi, la piazza e il pubblico palagio si difendono ancor per poco. Il podestà Emo rimasto con soli cinquanta soldati, dopo generosa difesa, s'arrende. Altri fuggono a Brondolo o nel Ferrarese, altri si rimpiattano ne'fossi. Quelli che tentano di andar per canale a Venezia, giunti allo steccatolo trovano chiuso, e i custodi con le chiavi della gran porta scomparsi. Tremila ottocento sono i prigioni. I vincitori squarciano a gran grida il gonfalone di San Marco, e innalzano la bandiera di Genova sopra la piazza, quella di Padova sulla porta principale, e d'Ungheria sulla torre. Poi che le donne, i vecchi e i fanciulli secondo un editto dell'ammiraglio han preso asilo nelle chiese, un'altro editto concede il sacco delle case. La militare licenza dura tre dì. Un solo trofeo, giusta una voce comune, vien riservato alla Repubblica, cioè un bel cannone di cuoio col suo carro di legno che in-fìno ad ora mostra vasi nell'armeria del palagio ducale.
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