La storia della antica Liguria di Girolamo Serra
CAPO SETTIMO 443
tutti diacciati infino all'ossa: ci mancano legna da riscaldarci, e roba fresca da mangiare. I provveditori si spergiurano cbe più non ne viene; delle busse e delle ferite ne piovono bensì a dismisura. Quel nostro Vettore, dappoiché è unito col doge, non sembra più desso. Vedete come si è lasciato prender Brondolo? In tutti gli incontri siam rimasti al di sotto, e speriamo ancora di vincere? Che non torniamo a Venezia ? Avremo * ivi almeno qualche conforto dalle preghiere e dalle lagrime delle nostre famiglie. Tanto i primi incomodi dell'assedio avevano svolte le volontà di quella gente inesperta! I loro discorsi erano ripetuti ad ogni ora in Venezia. Il popolo udendoli si tenne per perduto. 1 suoi caporioni, die dianzi accusavano il doge di non voler partire, lo accusavano allora di averlo voluto. « 11 meglio di ciò che restava se n'è ito con lui. Or se egli ritorna non vincitore conforme a'suoi vanti, ma confuso e sfinito, come è realmente, chi rat-terra i Genovesi da nuovo assedio, chi farà più resistenza? A tali dicerie si aggiugnevano tutti gli avvisi che la paura ispira, e i più insensati erano i più applauditi. Veramente là presso a Chioggia Contarmi, Pisani e Barbarigo si protestavano di voler più presto lasciarsi mettere in pezzi, che mancatori a'lor giuramenti partirsi, vettore in particolare interrogava i marinari, se questo era l'amore che gli portavano, e il doge pregava san Marco che tanta enormità non permettesse; un' ar« mata veneta spergiura al suo principe. In Vene»? zia all'opposto l'assenza del capo supremo e il pallido aspetto di chi adulava dianzi i senatori,
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