Storia della Repubblica di Genova di Carlo Varese
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4«MH40i. quegli signor del luogo e capitano, questi signor dei mercanti. Era l'esercito cristiano debole troppo per porvisi ad assedio : le lunghe e lente operazioni di guerra più non convenivano su d'una terra circondata da nemici spaventati ma numerosi : bisognava comparire e vincere. Preso lido senza contrasto , s'impadronirono i Crociati dei giardini che i dintorni della città abbellivano ; e mentre i soldati lavoravano agli approcci, i duci le intimavano la resa. Inclinava Arcadio a cederla ad onorevoli patti, ricusava Miro e voleva pruovare se il suo ferro pur valesse quanto il ferro dei Cristiani.
Allora il Patriarca Damberto che cól Legato del Papa accompagnava 1' esercito, si fé1 a promettergli la vittoria in nome di Dio, promessa che inanimava i più devoti : ad incoraggiar quelli cui non bastava, fu rammentato essere Cesarea straricca di preziose mercanzie, di denari, d'ori e di donne, e che tutto veniva loro abbandonato. Le scale furono in un momento tratte dalle galee, e allo spuntar dell'alba cominciò l'assalto.
Narrasi che Guglielmo Embriaco primo salisse sulle nemiche mura : ve lo seguitavano i suoi, ma rottasi d'improvviso la scala, il buon duce si trovò un momento solo sul terrapieno, scopo dei colpi di tutti. In tal frangente, corse egli ad una vicina torre che già dai Saraceni era stata abbandonata, e tentò rifuggirmi ; ma tocchi appena i primi scaglioni s'incontrò in un Turco che ultimo toglievasi dal mal certo asilo : si accapigliarono i due nemici
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