Storia della Repubblica di Genova di Carlo Varese
LIBRO SECONDO. g5
si ii a te , quando i cavalieri del Conte di Barcellona 1148-1149 abbandonavano l'esercito perchè non venivano loro pagati i pattuiti stipendii. Non rimaneva che Raimondo con soli venti guerrieri ; pel quale inaspettato e grave contrattempo, non si disanimavano i Genovesi già usi a sentir generosamente di se, e dalle recenti vittorie fatti più baldansozi. Opinavano bastar soli all'impresa di Tortosa, come aveano bastato a quella d'Almeria, e giuravano non partirebbonsi senz'averla condotta a buon fine: così nuova lena e nuovo coraggio acquistavano da ciò che ad altri avrebbe recato sconforto. Tanto e sì bene ado-prarono di fatto, che rovesciata parte delle mura di Sueta, era loro fatta facoltà di venirne agli assalti. Ma spaventati i Saraceni dall'imminente rovina calavano a patti, e domandavano d'una tregua alle seguenti condizioni : posassero 1' una parte e 1' altra dall' armi per quaranta giorni , nel qual termine però ripiglierebbonsi se giungessero soccorsi agli assediati, e a capo di esso consegnereb-besi ai Cristiani la cittadella se non venissero. Alle quali proposizioni assentirono i consoli, con che fossero loro dati cento ostaggi scelti, tra le più ricche famiglie saracene. Vennero gli ostaggi, ma non vennero i soccorsi : la vigilia di S.. Silvestro, cioè dopo sei mesi d'assedio, il vessillo della Repubblica e quello del Conte di Barcellona, sventolarono sulle torri di Sueta. Fedeli alle convenzioni patteggiate l'anno antecedente con Raimondo, benché fossergli mancati i soldati nel maggior uopo, i
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