Storia della Repubblica di Genova di Carlo Varese
libro secondo. 129
imitare le altre Città d'Italia, segretamente insi-nuando loro che non avrebbegli costretti a nessuna fazione che ai loro interessi in Oriente avesse potuto recar pregiudizio.
A cosi fatta persuasiva rispondevano i rappresentali ti di Genova con accortissimo consiglio : essere sempre stati, ed essere tuttora parati all' obbedienza : chiedesse, comandasse e stabilisse la natura dei soccorsi che da loro bramava, e i compensi che per essi sarebbero stati alla Repubblica conceduti. Io crederei che cosi favellando lo schernissero , se Federico non fosse stato l'uomo da dare al boja chiunque avesse avuto V ardire di farsi gioco di Lui. Piacque, dicono i cronisti dei tempi, piacque assai a quel Principe una tale risposta : presentava lettera di soddisfazione ai legati, spiegava in esse i suoi desiderj, e richiedeva i Magistrati di novelli Ambasciatori muniti d' ogni più ampia facoltà di trattare sì del servizio che del premio che anticipatamente dovea essere determinato. Non poneano tempo in mezzo i consoli, e ad Ingo Delia-Volta e a Nuvellone De-Alberici affidavano lo spinoso incarico di salvare gì' interessi della Repubblica senza che la dignità imperiale avesse a parerne offesa. Ripetevansi le stesse scene di prima, cioè, accoglievagli 1' Imperatore come amici, lo inchinavano gli Ambasciatori come Signore. Quegli protestava sentire pei Genovesi speciale predilezione : questi giuravano volersi sa-grificare per un imperatore sempre augusto, sempre Tomo I. IO
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