Storia della Repubblica di Genova di Carlo Varese
libro secondo. 155
c in quello di Cesare, che sbalordito dall'ardire u66 dell' oratore, e più dalla gravità del richiamo t rispondeva mansueto : « non aver mai avuto in animo di fai? ingiuria a chicchesia ; non vendere la giustizia, non comportare che nessuno de' suoi la vendesse. Avere sentenziato a prò dei Pisani, si, ma esser pronto un' altra volta a ricredersi, se la Repubblica genovese potesse dimostrargli che avesse mal sentenziato: dicessero pure, narrassero alla distesa e dei loro diritti e delle loro ragioni: vedrebbero, lui essere protettore del giusto e solo del giusto ». E qui Uberto Spinola ricominciava con più di calma, e come i rivali di lui aveano fatto, ricapitolò le prische ragioni di Genova sul-l1 isola, e le convalidò rammentando come i trafficanti napoletani non chiedessero mai la Sardegna senza pagare alla sua Repubblica i dazii prestabiliti c r annuo tributo, che nel ricorrere della festa pasquale, veniva alla medesima dai nazionali pagato.
O che queste ragioni paressero valevoli a Cesare, o la ritrattazione delle antiche concessioni gli sembrasse atto troppo disonesto che era, o finalmente gli premesse mantener vive le discordie tra le due rivali, fatto è che dichiarava : gravi essere quinci e quindi le addotte ragioni : non poter per allora dar finale giudizio: manderebbe in Pisa lo stesso suo cancelliere dell' impero; il cancelliere del regno in Genova, perchè, studiate le opinioni dei cittadini più cospicui, avvisassero a compor le differenze, con reciproca soddisfazione. Ma quanto codesta deter-
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