Storia della Repubblica di Genova di Carlo Varese
212 STORIA DI GENOVA
1190 « spediente! Egli è come farsi tagliare una gamba « per paura di scavezzarsela ; sommergere un uà— « viglio per timore che la tempesta noi conduca « a naufragio. Se questi sono spedienti di prudenza, «< noi so bene: pajonmi, se devo dirla schietta, « o dcsiderii di novità sempre dannose, o imitazioni ridicole e fuor d' ogni senno. Comprar « concordia con servitù, e servitù di straniero! « Vedi stravaganza! Hanno vi discordie di cittadini? « Si compongano: hannovi ambizioni? Si umiliino: « turbolenze? Si frenino. Si richiamino in vigore « le antiche discipline , chè ne abbiamo e molte « di buone: si riformino quelle che lo sono meno; « si stabiliscano giudizii severi ; s'impieghi in guerre « lontane quella esuberanza di vita che ci tormenta : « tutto in somma si tenti fuorché adottar vili provvedimenti, fuorché lasciar quel reggimento a cui « abbiamo per trecent' anni obbedito, per cui siam « giunti a queir altezza che ognuno sa, e che, se « il favore del cielo non ci vien manco, ci condurrà a ben altri termini di prosperità e di gloria ». Alle quali parole rispondevano nella seguente sentenza per bocca di uno tra loro quelli che il Podestà straniero e proponevano e volevano:
« Nè io, o padri, abborro meno da servitù, « il più incomportabile de'mali; nè stimo doti versi con tanto gran prezzo comperare la concordia. Ma nel consiglio che s' è proposto, io « di vero non veggo servitù. Nè le nostre robe, « nè le nostre flotte, nè le nostr* armi, e meno
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Podestà
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