Storia della Repubblica di Genova di Carlo Varese
LIBRO TERZO. 225
Messina, gii odii antichi pia sopiti che spenti, si 1194 risvegliarono a un tratto feroci, appunto come odii che da qualche tempo non aveauo avuto sfogo. In qual modo fossero rìdesti ben non si sa, ma si presume : v' era di mezzo quel maledetto interesse, esca che piglia fuoco ad ogni più lieve strofinio: si cominciò colle male parole, e dalle male parole ai mali fatti è sdrucciolevole il passo : vennero alle mani sulle navi stesse, e assai Genovesi, ma più Pisani rimasero morti e feriti: per-locchè quei di Pisa eh' erano nella città, ed in maggior polso, corsero ai fondachi dei Genovesi e gli saccheggiarono di roba e di danaro ; corsero alle loro case e le devastarono, molti e dei più cospicui cittadini, fra i quali il console Giovanni Àdvocati traendo prigioni, e sostenendo in severa guardia. Era questa una rappresaglia che non dovea calmar l'ire : le galere stesse si ordinarono per giusta battaglia e scambiarono ruvide percosse colla peggio delle pisane, tredici delle quali rimasero in potere dell' arrabbiato vincitore. Il Mare vai do gettò allora tra le due contendenti nazioni il bastone di pace : toccò la potente molla dell' interesse mostrando come l'Imperatore si terrebbe sciolto delle sue promesse se volgessero 1' una contro 1' altra quell' armi che doveano usare soltanto contro i nemici di Lui : ec-citolle quindi a restituzione sì delle robe e dei danari che delle galee e dei prigioni ; al qual pacifico componimento annuivano entrambe ma con morta fede. Davano i Genovesi le galee e pagavano mille Tomo I. 16
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