Storia della Repubblica di Genova di Carlo Varese
libro terzo. 5*33
«levano allegato colle buone parole, ma tiravano utfi-tjyj 111 lungo, e intanto, credendo forse che Genova perchè si parlava di pace, si addormentasse sulle difese, andavano subitamente ad assediar Bonifacio con poderosa armata. Ma Genova lungi dal dormire teneva ben larghi gli occhi ; e avuto sentore di quegli armamenti, avvisando ciò che era, mettevasi in pronto e vegliava; nè sì tosto seppe la flotta nemica veleggiar per Corsica, correvale dietro sì che i Pisani, cominciato appena l'assedio, scioglievanlo c ritiravansi prima in Sardegna, e poi più al largo aspettando opportunità migliore. Il Podestà di quel-l'anno ch'era un Drudo Marcellini Milanese, della cui tempra diremo fra breve, seguiva verso Sardegna a farvi qualcosa ; s'intende ad umiliarvi i nemici se gli fosse ricscito, ad acquistar qualche donazione alla sua Chiesa, a strappar in somma qualche penna o ai Pisani o ai giudici. Erano questi giudici, regoli d'una politica volpina; la politica dei deboli quando minacciati da Cajo, quando strap-pazzati da Sempronio. Sentivano il bisogno di stringersi efficacemente ad una delle due repubbliche moderatrici della loro sorte; ma la varia fortuna delle due rivali gli traeva a conceder oggi ed a ricredersi dimani. Un Guglielmo, Marchese di Massa, avea cacciato prima dal giudicato di Cagliari Pietro figliuolo a Irrisone, poi Costantino II da quel di Turri, non è ben chiaro se colle proprie forze o coll'ajuto dei Genovesi. Ora, Guglielmo avrebbe voluto volare colle proprie ali,
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