Storia della Repubblica di Genova di Carlo Varese
libro terzo. 251
le mani a chiunque fosse per ajutargli, senza ba-mo dare che le stendevano sempre a schiavitù, e che alla fin dei conti non avrebbero che cambiate le catene. Così avviene a chi per farsi libero guarda sempre allo straniero. Ora, queir Arrigo Pescatore Conte di Malta di cui vedemmo non ha guari le avventurose gesta, udì dal suo scoglio le imprecazioni dei Candiotti, e pensò metterle a profitto. Se di proprio capriccio costui risolve vasi a sì arrischiata fazione, convien dire eh* ei fosse avvezzo ad ogn' impresa da rompicollo non che da temerario : ma egli era la mano, altri il braccio. Sorprese Candia e vi si tenne : prevedendo però eh' era per venirgli addosso una fierissima tempesta, mandava il figliuolo Arnaldo Baldovino in Genova a domandar soccorso, e Genova, per tenerezza d'Arrigo, (così dicono i cronisti della Repubblica) per riconoscenza degli antichi servigi, concedeva navi, galee, uomini, armi, cavalli, vittovaglie, apparecchiamenti da guerra, cioè macchine ossidionali, e denari : e perchè si vegga meglio il valore di questi sacrifizii, aggiungeremo che per mettersi in grado di fargli, stabiliva una novella imposta su tutto che fosse per entrare nella città. Certo importava assai mostrarsi riconoscente : ma se in così lodevole determinazione non s'immischiasse qualche ingrediente che tutto tutto non fosse riconoscenza, i lettori sei diranno.
Arrigo dunque, così potentemente ajutato, fece fronte ai primi rimbalzi di Venezia: vinse anzi eby
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