Storia della Repubblica di Genova di Carlo Varese
282 STORIA DI GENOVA
1226 città, mosse da alcuni pochi ambiziosi o da appetito di novità, vogliono cambiar tutela; che il darsi al Conte di Savoja non è venirne in vostra più stretta dipendenza, bensì mutar rettore e nulla più. E qual prò vi tornerebbe, o Cesare, da questo mutamento? L'alta vostra sapienza sei vede: terrebbe a noi, maestri delle cose marittime , per dar ad uomo il quale sa appena che il mare ha acque : torrebbe a noi che d' un guardo vegliamo dalla Magra al Varo, per dar ad uomo che mira alle sue montagne quante sono alte e abbassa le ciglia dicendo « le sono coronate di neve ». Ma per tornare a noi, e a ciò che costoro vi parlarono del loro timore che non fossimo per trattargli un dì come abbiamo trattato quei di Vintimiglia, rispondiamo che siam ben lungi dal voler loro tor dagli occhi questo fuscello. Sk che gli tratteremo, e badino che non siamo per far peggio. Tornino all' antica obbedienza : la Repubblica è magnanima e sa che sia perdono : ma sa anche che sia vendetta : guardino di non conoscerlo a pruova che sarà una ruvida lezione ».
Queste parole da noi tolte presso che per intiero agli annalisti dei tempi , palesano come la Repubblica genovese non si stesse al cospetto di Cesare in quella riverenza in che stanno i deboli. La sua dipendenza, come l'aveano detto i deputati di Albenga e di Savona, era tutta in vane apparenze, e non di rado a queste apparenze di servitù mescolavano le minaccie della indipendenza.
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