Storia della Repubblica di Genova di Carlo Varese

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      libro terzo. 287
      virilmente quel monte, virilmente anche difeso, ma 1 non tanto che non venisse preso con molta occi-sione d' ambe le parti ma più dei difensori. Occupata F altura , dava il guasto al contado spazzandolo d' ogni gente sospetta, poi avvicinavasi alle mura, vi drizzava le macchine, e cominciava a tempestarle. Era in tutte queste fazioni una prestezza che spaventava, e un vigore il quale dimostrava come le sorti non fossero per rimanere a lungo nell'incertezza. Per la qualcosa, quei d'Albenga, e Amedeo figlio del Conte di Savoja co' suoi Sa-voini venuti in buon numero a quella guerra, cominciarono a pensare ai casi proprii, e cheti cheli sloggiarono di notte tempo per la porta di ponente. Scemato in quel modo, il presidio vide eh' ogni resistenza era invano, nè volendo porre a cimento la magnanimità d'un vincitore già arrabbiato, mandò colle croci in mano a domandar misericordia. Il Girardino non era da misericordia alieno, ma voleva operare in tutto prò della Repubblica : perdonava ma non alla città, perchè nè colmava le fossa, nè rovinava le mura, le porte, il molo, e ordinava si fabbricasse il solito freno di un castello sulla più alta vetta del monte sovrastante. Andava di poi innanzi e fermavasi al Finale, dove riceveva prima quei di Cugliano e il del Caretto i quali disperati in tutto del successo, chiedevano venia; quindi il Marchese di Clavesana, e per ultimo il Vescovo d'Albenga stessa, che accompagnato dai principali di quella città troppo pronta nel dar su, ebyGOQgl


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Storia della Repubblica di Genova
Dalla sua origine sino al 1814 (Tomo Primo)
di Carlo Varese
Tipogr. D'Yves Gravier
1835 pagine 423

   

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