Storia della Repubblica di Genova di Carlo Varese
320 STORIA DI GENOVA
1241 « dell'altra persona, cioè nel maneggiar l'armi, « nel muover le guerre, nello stringer leghe coi « Principi temporali, è atto della massima follìa « più che della massima ignoranza farsi coscienza « di resistere ai Pontefici, e non combattergli con « quelle arti che sogliono usare contro altrui. « Per concludere adunque, diciamo, che fu sempre « d' uomini prudenti accomodare i consigli ai « tempi ; e quali sieno questi tempi , e che « richieggano da voi, il suggerirlo alla vostra saviezza con più lunghe parole , sarebbe mostrare per essa ben più il disprezzo che non « abbiamo * che la stima di cui vorremmo farvi « persuasi. »
La lunga e pensata allocuzione degli oratori pisani, non commosse, come ognuno può credere, il Consiglio, nè lo distolse dal suo proponimento. Soinministravagli anzi il destro di chiarirsi solennemente e di dire all' Imperatore senz' altre lustre, che la Repubblica gli ricusava anche quell' apparenza di vassallaggio dimostratagli per ('addietro. Risposero dunque per bocca d' uno di loro in giusta misura di studiata gentilezza. « Non sospettare il men del mondo della fede dei Pisani nel consigliargli, e pregiarsi d'essere riconoscenti al loro buon animo, alla loro sollecitudine, ed alla cura eh' ei si pren-^ devano per la salute della Repubblica. Non ignorare che la maggior parte degli uomini nelle risoluzioni d'importanza avvisano soltanto alla utilità ed alla salvezza : i Genovesi però, come quasi tutti
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