Storia della Repubblica di Genova di Carlo Varese

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      326 STORIA DI GENOVAi«4i le loro lettere nelle quali disvelano disegni d' uc-/ eisioni e di strage ; citati a comparire, ci deridono ; i traditori strappano al bargello, fortificano le loro case e le loro torri già rigurgitanti d1 armati e di armi. Or che si tarda a punire questa mano di perfidi ? Alfrettiamci per Dio, eh1 ei sono più assai pericolosi dei nemici esterni, poiché tra questi e noi stanno le mura della città; tra le nostre gole e le coltella degli altri, non è nulla in mezzo ».
      Appena il Podestà poteva finire queste parole che un grido d'indignazione innalzavasi da tutte le parti. « Non si ponesse indugio, sclamavasi, si dessero al boja i traditori , si salvasse la patria, a qualunque costo si salvasse. » Il Podestà non lasciava raffreddare queste caldezze : mandava i fidi capitani della milizia, Fulcone Guercio e Rosso Della Turca alle case dello Stregghiaporci, e le spianava: manda vagli a quelle di Tommaso Spinola il quale opponeva gagliarda resistenza, ma cadeva ferito da grave percossa al capo, e vedeva prima di spirare svelte dalla radice le sue torri. I quali severi procedimenti incutevano negli altri un salutare timore, per cui pensavano ad ottener misericordia ed a porsi in salvo. I Doria verso cui già s'inoltravano gli arieti e le zappe, mandavano i frati di S. Domenico e di S. Francesco a chieder venia: poi venivano in sembianza di pentiti coi Della Volta, i Da Vento, i Da Pevere, a chiederla essi medesimi. Il Podestà trattava mitemente i sommessi, ma tenevagli d* occhio ;


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Storia della Repubblica di Genova
Dalla sua origine sino al 1814 (Tomo Primo)
di Carlo Varese
Tipogr. D'Yves Gravier
1835 pagine 423

   

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