Storia della Repubblica di Genova di Carlo Varese
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1149 i*5inelle vie, sulle piazze; e quell' accennare direbbe, maladizioue e vendetta! » In questo modo favellavano agli uni e agli altri : poi, agli uni e agli altri insieme soggiungevano : « mai non essere stato verun tempo più atto ad eseguire così santo proponimento: rammentassero aver nel Pontefice un amorevolissimo loro concittadino, geloso non che amante della gloria e della sicurezza della patria comune: chiaro per fede, per bontà e per prudenza: lui eleggessero ad arbitro, lui a giudice delle differenze : le comporrebbe con soddisfazione di tutti : di ciò faceansi essi medesimi mallevadori coi loro beni, colle cariche che coprivano, colle vite stesse. >> E intanto che così affettuosamente parlavano, gli animi si ammollivano, le mani cessavano dal posarsi sulF else : ancora una spinta e correvano ad abbracciarsi. La spinta venne.
Finiva V anno i25i quando Federico moriva nel castello di Fiorentino nella Capitanata, seco portando una riputazione anche ai dì nostri contrastata nè a torto. Vogliono alcuni storici ch'egli fosse principe di grande animo, di acuto intendimento e di molta politica : forse era : ma gì' Italiani aveano di che esecrarne il nome e la memoria. A noi non tocca giudicarlo : ciò che in nostro particolare ne pensiamo, Y abbiamo più volte in questi Racconti liberamente manifestato. Certo della morte di lui si rallegrava Genova come d'una gran grazia ricevuta dal cielo. Quando vi giunse la nuova, ne impazzivano i cittadini: s'incontravano, si cerca-
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