Storia della Repubblica di Genova di Carlo Varese
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1255 infirmati più assai che noi comportasse un momentaneo favore di fortuna : bisognava ancora che, con ingiustissima sentenza, togliessero loro quanto aveano acquistato con dieci anni di guerra e di sagrifìzii per darlo ai loro rivali già anche troppo inclinati ad insolentire. Pisa poter tollerare 1' avversità, non l'ingiustizia, non le derisioni. Non voler dunque cedere ai Genovesi terre tanto opportune alla propria sicurezza, ma sì difenderle coir anni, difendere sè stessi e la libertà. » Queste sono ragioni riputate buone anche ai tempi nostri : anzi, ne leggiamo e ne udiamo tutto dì che non hanno così bella vernice.
Al suono di queste parole, Genova si guardò intorno ed ebbe sospetto che quel Manfredi avesse ereditato dal padre, in quanto al desiderio di tribolarla; ma per allora era un ridere. Chi in durissima condizione avea eflicacemente resistito alla sterminata potenza di Federico, potea, in condizioni assai migliori resistere non solo a chi già pericolava su d' un seggio usurpato, ma offenderlo con frutto. Genova mandava dunque ambasciatori a Firenze un Princivalle Doria e un Niccolò Grimaldi , perchè alla cecità di Pisa soccorresse, s1 intende aprendole gli occhi col bel garbo delle armi. Esponevano gli ambasciatori : « non sapere se più dovessero maravigliarsi o sdegnarsi di Pisa che avea dato alle richieste della Repubblica quella matta risposta, somma ingiuria air amatissima loro alleata che si avea assunto di giudicare le controversie
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