Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini
Vili INTRODUZIONEaiutato i loro re alla conquista del bel paese, se ne divisero il possesso territoriale e le genti soggette, dando così principio al governo feudale.
In mezzo a questi rivolgimenti r elemento popolare era scomparso, o almeno esso era rimasto una mera forza materiale priva di molo e di vita propria, alla mercè dei nobili cavalieri a cui lavorava le terre, o serviva in altro modo. Ma questi ultimi, amanti di una vita libera e sfrenata, e d' altronde bisognosi di luoghi forti per natura, ricovero alle loro sanguinose rapine e schermo delle guerre mortali che perpetuavano fra di loro, avean quasi tutti lasciati i siti abitati e le città deboli e mal difese ad una plebe spregiata, e ridottisi nelle campagne e sui monti, vivevano, entro il recinto dei merlati castelli, una vita più confacente alla loro selvaggia natura.
Ma le plebi spregiate, abbandonate a se stesse, riassunsero in breve la dignità dell' antica schiatta latina, e i volghi abbrutiti e dispersi si trasformarono in popoli laboriosi, attivi, con leggi e governo ordinato.
Genova, municipio florido e d'interesse più che mediocre fino dal tempo dell' antica dominazione romana, a cagione della sua posizione segregata dal resto dell' altre terre italiane, e difficilmente accessibile dalla parte di terra, per le vette nude e scoscese dell' Appennino che la difendono, era
0 totalmente sfuggita alle devastatrici incursioni barbariche, oppure meno infestata, avea potuto mantenere in fiore il commercio a cui attendevano i suoi abitanti privi de' beneficii del suolo, e conservare col vincolo sociale parte delle antiche instituzioni. I signori feudali stabiliti nei loro castelli lungo 1' Appennino ligure, dispregiatori d' una gente dedita ai commerci, non immischiandosi nelle sue faccende, lasciavano che si sviluppasse rigoglioso e vergine 1' elemento popolare che ne formava la vita.
Ma venne un giorno, quando il longanime borghese, stanco delle vessazioni e delle tasse che l'orgoglioso signore dei castelli poneva alle sue merci, osò deporre V umile contegno di suddito, e guardando in faccia il suo oppressore, respingere la forza con la forza. Quel giorno fu il segnale d'una guerra lunga ed accanita, finché il feudalismo privo di forza interiore, di unione seco stesso, d' un principio vivificatore e progressivo, cadde sotto
1 colpi del giovine popolo, della indomita idra che ripullula, moltiplicandole le teste tagliate.
Impotente ad esercitare l'antica vita di rapine e d'indipendenza, l'aristocrazia feudale procurò di acquistare al di dentro l'influenza perduta
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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova 1856
pagine 607 |
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Appennino Appennino
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