Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini
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Una quistione, che lasciava sussistere tuttavia le ire, era quella non mai risoluta della Sardegna, da amendue i popoli desiderata. Poiché Y isola fa liberata dai Mori, essa era stata divisa in quattro provincie o giudicati, governati ciascuno da un giudice delle famiglie principali con autorità quasi regale. I Pisani e i Genovesi, i quali possedevano i luoghi posti alla marina, siccome quelli che agognavano all'intero possesso dell' isola, cercavano di tirarne a sé i diversi giudici, a danno dell'avversario. Quello di Arborea inclinava specialmente per i Genovesi: condottolo a Pavia riuscirono a farlo incoronare dall' imperatore che avea acconsentito, a patto di ricevere 4000 marche d'argento dal nuovo re. L'Italia era in quei tempi divenuta il tesoro privato degli imperatori, i quali trovandosi stretti di finanze, con il saccheggio, con la resa di una città, o con la vendita di un privilegio (se era stato concesso ad altri precedentemente, non guardavano tanto per il sottile) rimediavano al bisogno presente.
Disgraziatamente Barisone preoccupato (1164) dal desiderio del regno, non si trovò avere il danaro richiestogli con istanza ed anche con minaccie da Federigo; cosicché fu costretto ad aver ricorso alla generosità dei suoi protettori, che nella speranza di acquistare una influenza esclusiva sulle cose della Sardegna pagarono per lui. I Pisani se ne lamentarono gravemente, ma con poco fruito: forse avrebbero i loro reclami ottenuto un migliore esito se avessero offerta una somma maggiore.
Barisone condotto a Genova per essere dalle navi della repubblica portato nell'isola, chiese nuovi danari, per le spese che gli occorrevano, al Governo, il quale trovandosi anche esso stremo e già indebitato per le quattromila marche date pel re all'imperatore, glieli fece somministrare dai suoi mercanti. La condotta del re in Genova fu imprudente; si intratteneva molto strettamente con uomini, dei quali si dubitava fossero emissarii pisani ; cosicché si sospettò che si volesse porre sotto la protezione di questi per esimersi dal rendere il danaro prestatogli. Ai comandanti delle galere che lo doveano ricondurre fu imposto stassero guardinghi. Giunti all' isola, la presenza di alcune navi pisane e il re che ricusava pagare prima di scendere, avendo cresciuti i sospetti, i capi, conformandosi agli ordini ricevuti, partiti di notte, lo ricondussero a Genova, ove rimase prigione per sette anni. Finalmente la città e i creditori, conoscendo che il tenerlo prigione era più a scapito che a profitto, lo liberarono e restituirono nel regno, che in quel
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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova 1856
pagine 607 |
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Pagina (63/637)
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