Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini
DI GENOVA ' 57
domata la lega, Cenova sarebbe slata rispettata; l'ambizione di Federigo anelare al possesso di tutta l'Italia ; nelle pianure lombarde si sarebbe deciso della libertà e della indipendenza di ogni Comune italiano.
Dopo avere ondeggiato fra le due sentenze contrarie, il senato si appigliò ad uno di quei parliti di mezzo, che, non essendo gloriosi, non sono neppure utili, perchè ti dimostrano o amico freddo o nemico timido, e da qualunque lato inclini la vittoria, sei dispregiato e più spesso punito. Fu deliberato si rinunziasse alla lega, e furono mandati due ambasciatori (1171) affinchè procurassero con bei modi addolcire il rifiuto; ad Alessandria sovvennero con duemila soldi d'oro.
La guerra che andava minutamente prolungandosi fra Genova, Pisa e gli alleati loro avea stancate tutte le parti, e si desiderava di porvi un termine. Spesso i rappresentanti di ciascuna città, ed anche una volta Ugo arcivescovo di Genova e Sfilano di Pisa si erano trovati insieme, ma ogni mezzo di conciliazione svaniva per gli odii inveterati e quasi insanabili, e principalmente per lo spirito cavillatore e riottoso dei Pisani. L'arcivescovo di Ma gonza mandato in Italia sotto colore di pacificatore, ma veramente per seminare discordie fra la lega, e ritrarre all' imperatore le città che oscillavano o gli erano propense, adunata una dieta in Siena, e tentato invano di comporre le due repubbliche, sdegnato contro i Pisani, sempre ugualmente avversi ad ogni conciliazione, disdiceva loro tutti i privilegi anteriormente concessi dall' imperatore, e li poneva al bando dell' impero.
Riprese le ostilità, questi ultimi si ebbero ben tosto a pentire della loro ostinatezza. 11 console Corso, schivata la squadra pisana che lo cercava, entrò in Arno, e avanzatosi senza trovar resistenza sino a Pisa rimasta vuota di difensori, bruciò il ponte di legno che riuniva la città al sobborgo di Chinzica, si impadronì delle navi disarmale, e ripieni di terrore e di meraviglia i cittadini, ritornò salvo e senza alcuna perdita alla patria. Finalmente dopo tante rovine ed incendi di castelli, dopo tanto spargere dit^nmia nita/mtla sia na.l 1»V\ì«Ka a /)n1/\haaa nmlaiavlla lmnaof a a p/ìffùrfo
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in Pavia avanti l'imperatore tra Fiorentini, Lucchesi, Pisani e Genovesi si stringeva la pace. Della Sardegna divisa, i due giudicati di Logodoro e di Gallura furono di Pisa, i Genovesi ebbero gli altri due di Cagliari ed Arborea. Così quel che l'utilità reciproca, la comunanza di patria e di linguaggio non aveano potuto, lo potè l'autorità di un imperatore, mosso a
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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova 1856
pagine 607 |
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Pagina (71/637)
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