Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini
84 STORIAdi ciascuna compagnia. A Yaragine, a Pegli, a Noli, furono stabiliti magazzini di riverì, provvisti con tanta profusione, che del sopravanzo ne fu larga abbondanza in Genova. Trecento soldati distribuiti a' luoghi forti alle radici settentrionali degli Appennini da Lazzaro slesso, impedivano che la spedizione fosse distratta da moleslie nemiche da quella parte.
Partito l'esercito da Genova venne ad Albisola, terra marittima, la quale si rese a discrezione dopo essersi difesa per quindici giorni; la cima di un monte che sovrasta a Savona fu preso a forza; la città stessa, spaventata da queste perdite, segui l'esempio d'Albisola, e i Savoiardi condotti dal conte Amedeo, figlio di Tommaso, e quei d'Albenga che erano a presidio dentro la città, profittando della notte, scamparono : pochi giorni dopo i signori di Cugliano e il Marchese Del Carretto vennero a sottomettersi. La misera Savona ebbe a provare tutta la rabbia dei vincitori : le mura e le porte della città atterrate insieme coi molo del porto; un castello nella parte più alta della città fu elevato a freno di nuove ribellioni. Il podestà ottenuta questa vittoria, dopo essersi assicurato d'Albenga, e condotti seco centosessanta dei migliori cittadini in ostaggio insieme con quelli di Savona, ritornò trionfante a Genova, ove la gioia e l'allegrezza furono universali, si instituirono delle feste nel giorno di S. Giovanni Battista per solennizzare V avvenimento, l'arcivescovo tenne corte bandita, e i tornei, gli armeggiamenti, i conviti non mancarono (1227).
Composti gli affari di Ponente, l'esercito passò gli Appennini: e siccome quei d'Alessandria e i loro alleati pareva inclinassero alla pace, rimisero la decisione delle loro differenze nel Comune di Milano, che proclive forse di troppo agli Alessandrini e per la lega che li stringeva, e perchè Genova, conservatasi neutrale, non aveva mai voluto unirsi alle altre città lombarde, sentenziò in favore dei primi. I Genovesi, quantunque scontenti di questa soluzione, mandarono i loro commissarii a Capriata ad eseguirne le condizioni. D'altra parte gli Alessandrini, a cui doleva di non poter sfogare la rabbia concetta sopra Capriata, vi marciavano con le loro genti. Invano i commissarii protestarono; appena quei del castello ebbero tempo di porre in salvo sè e le loro robe più preziose, che gli infuriati nemici vi entrarono e la diedero alle fiamme (1228). Gli infelici abitanti di Capriata furono nella loro sventura sovvenuti dalla repubblica, e due anni dopo, gli Alessandrini stanchi della guerra e impauriti di nuove forze mandate contro
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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova 1856
pagine 607 |
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Pagina (98/637)
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