Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini
86 STORIAcesi discorsi molti fautori prima dentro la città, poi nella maggior parte delle terre vicine, eccetto in Noli, Portovenere e Sestri, aborrenti da novità. Queste mene si tenevano così apertamente, che il podestà Gherar-dini n'era istrutto, ma, o perchè la trama si scoprisse meglio, o sperando che andasse in fumo per nuova concordia, come suole delle congiure, facea viste di non accorgersi; che anzi sotto qualche pretesto partiva per Lucca sua patria.
La partenza del podestà crebbe animo agli agitatori: in un giorno solenne, il Mari sorto in mezzo alla moltitudine, la eccitava con infiammate parole a tor via la autorità dei pochi; diceva ogni classe di cittadini aver diritto al governo ; P occasione esser favorevole ad abbattere gli ordinamenti presenti, essendo il podestà lontano; però non la lasciassero sfuggire. La folla applaudì, gridarono Guglielmo De Mari riformasse lo Stato; lo portano al palazzo dei Volta, che diviene sua residenza; la torre del Duomo vicina al palazzo è occupata dai suoi partigiani. Ma a Guglielmo giunto a questo punto, o mancò l'animo d'andar fino in fondo, o pure siccome quello che s'era mosso più per ambizione propria che per amore di pubblico bene, credè prudente lasciare svanire quel primo slancio di entusiasmo, per non essere astretto ad accomunare gli onori come avea promesso. Il popolo mormorava, ed era da queste lentezze spinto a dubitare. In questo mezzo ritornava il podestà. Informato del come andassero le cose, si ristrinse a consiglio coi cittadini più prudenti, poi intimò si [radunasse il parlamento; misura che gli conciliò favore avanti il popolo, il quale amava veder ritornata in vigore una instituzione che poneva nelle sue mani la suprema autorità della repubblica. Parlarono contro il De Mari, due nobili, il Grimaldi e Piazzalunga; il popolo aspettava ansioso la decisione del podestà. Allora questi, fattisi recare avanti i vangeli, faceva giurare alla variabile moltitudine che avrebbero spenta la setta ed i settari bisognando. Il Mari, vistosi abbandonato, occupò due porte della città, ma non potendole difendere, si presentò con aria nè superba nè paurosa avanti al parlamento. Ordinatogli di rinunziare alla setta, vi acconsenti; i suoi fecero lo stesso.
Così ebbe fine un' impresa mossa da giusti motivi, ma diretta da intenzioni ambiziose, e il popolo che P avea sostenuta, la disertò quando egli stesso si vide abbandonato (1228).
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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova 1856
pagine 607 |
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Pagina (100/637)
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