Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini
94 STORIApossibile, alle quali si sarebbero riunite quelle di Sicilia, onde togliere ai prelati anche la via marittima.
I Pisani, quantunque non avessero a lodarsi dell'imperatore per la cessione della Sardegna al re Enzo, pure come stati sempre di parte ghibellina accettarono. Desiderosi di tentare una conciliazione avanti di rompere pienamente la guerra con Genova, mandarono consigliandola a torsi giù dall' impresa; ma trovarono i cittadini risoluti e infervorati. Non mancarono nemmeno le ambascerie di Federigo piene di alteri comandi e di minaccie, appoggiate dalle solite escursioni del Pallavicino, e di altre sue lande spezzate; mentre con lettere ed emissarii secreti si tentava di riannodare le famiglie di partito ghibellino, e farle prorompere in qualche tumulto.
Fu arrestato uno di questi messi segreti, e con esso una lettera inclusa in un pane di cera, per cui molti membri delle principali famiglie, Doria, Grilli, Volta, Spinola ed Advocati, erano compromessi. I sospetti, avuto sentore della cosa, e temendo l'ira della moltitudine e il rigore della legge, attendevano a portar armi nelle case e fortificarvisi. Un Fiorentino, il quale si affaticava apertamente in questi maneggi, essendo arrestato, fu da Rosso Della Volta suo padrone strappato, con aperta violazione delle patrie leggi, ai sergenti che lo menavano prigione. Allora il podestà Guglielmo Sordo Piacentino, con i suoi del consiglio, stati fino al presente dubbi sul partito da prendersi per paura che una piccola scintilla non suscitasse un incendio, deliberarono di non lasciar trascorrere oltre l'insolenza del partito avverso.
Radunarono il parlamento: il tradimento e i nomi di quelli che ci aveano parte furono rivelati per bocca del podestà, il quale fu interrotto dalle grida inferocite di morte ai traditori. Fulcone Guercio e Rosso della Turca ordinarono i militi delle otto compagnie, ciascuno sotto le proprie bandiere; lecase dei designati alla pubblica vendetta erano segnate di nero; già quelle
\di Giovanni Streggiaporco crollavano sotto i colpi del popolo infuriato, quelle dei Doria pericolavano, quando i frati predicatori e minori, usciti fuori processionando, vi si interposero. La rabbia cittadina fu vinta dall' autorità dell' apparato e della religione. Chiamati i ribelli a discolparsi davanti al podestà, prima ricusarono, poi dando luogo a più savii consigli ubbidirono, e ottennero il perdono, eccetto Tommaso Spinola, che ostinato nel difendersi e disdegnoso di ogni sottomissione, ebbe le case rovinate, ed egli stesso percosso nella zuffa d'un colpo di pietra sul capo, fu morto.
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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova 1856
pagine 607 |
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Pagina (108/637)
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