Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini
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abbandonarla in cosi fatali estremità; essa stessa coi danari del re avrebbe provvisto ai loro bisogni.
Il sultano che patteggiava col vinto principe della restituzione di Damiata, in cambio della di lui libertà fu intanto ucciso in un ammutinamento dei suoi, malcontenti di queste trattative. Poi, dominati dall'aspetto autorevole e dal contegno dignitoso del re francese, si piegavano anch' essi a rilasciarlo in compenso della cessione della città e di quattrocentomila bizanti d'oro. Ricevuta la somma, negando altri di adempierne le condizioni, altri opponendosi, ne sorse un tumulto nel quale il re correva pericolo imminente della vita, se i balestrieri d'una galera genovese che sorgeva sul Nilo in vicinanza del conflitto, saliti sulla corsia e minacciando con l'armi, non avessero atterrita la moltitudine, che ritiratasi in disordine diè agio alla ciurma di trar loro di mano il re e il conte d' Angiò con altri cavalieri, riducendoli a salvamento sulla galera protettrice (1249).
Seguivano nel medesimo anno importanti avvenimenti in Italia. Il re Enzo messosi coi Modanesi contro i Bolognesi, era da questi ultimi sconfitto e messo in prigione, ove più tardi finiva la vita: Federigo stesso curvato sotto il peso di tante sventure successive, privo, a cagione della umana superstizione e della freddezza degli amici, della vendetta a cui anelava, moriva nel castello di Fiorentino in Puglia, non senza sospetto che Manfredi figlio naturale di lui ne avesse per libidine d'impero affrettata la fine (1250). Innocenzo, liberato del suo mortale nemico, si accinse allora a ritornare in Italia, ove non restava alcuna forza politica atta a contrastare la sua influenza. La pace dopo tante agitazioni, guerre e rivolte sembrava divenuta un bisogno universale; i ribelli a Genova, tra cui primeggiavano il Marchese del Carretto, Savona ed Albenga, mandarono ambasciatori chiedendo pace ed un perdono, che fu loro generosamente accordato, ad onta dei gravi torti e delle offese sanguinose fatte ripetutamente alla repubblica. Furono anzi i Savonesi ammessi alla cittadinanza, quantunque a prevenire nuove insurrezioni le mura di lei fossero da capo distrutte. Da Venezia vennero Pietro Gradenigo e Giacomo di Doro ambasciatori della Signoria, a riconfermare una pace che non dovea essere di lunga durala.
Partito da Lione, era Innocenzo giunto a Marsiglia; di là si mosse per terra verso la Liguria, scortato ad onore da quattro galere genovesi spedite a posta dal governo, perchè costeggiando accompagnassero il pontefice nel
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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova 1856
pagine 607 |
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Pagina (121/637)
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