Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini

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      142 STORIAquanto dal desiderio di rilevare la propria parte. L'elezione di Opizone Fie-schi ad arcivescovo di Genova crebbe loro ardire, e il primo dell'anno (1290), levatisi in armi e radunatisi nel palazzo arcivescovile, dopo avere occupato
      la chiesa e le torri di S. Lorenzo, si mossero a piedi e a cavallo per as-
      <• fsaltare la casa di Oberto Doria, dove i due capitani stavano a consiglio. Si opponeva loro armato il popolo, che, sotto la condotta di un capo chiamato Abate, disperdeva, dopo una breve zuffa, la banda nobilesca. Neil'istesso tempo Filippo della Volta che favoriva i capitani, sforzando Y arcivescovato, costringeva quelli che vi erano dentro a ripararsi insieme con gli altri in S. Lorenzo.
      Non bastò la santità del luogo a ritenere il popolo furioso : non potendo superare le porle, già si accingevano a porvi fuoco, quando Oberto Doria, accompagnato dai cittadini più vecchi e più autorevoli, comparve in mezzo alla moltitudine. Alla presenza dell' antico capitano si acquetavano, e le parole conciliatrici, con le quali si sforzava di rappresentar loro di quanto danno sarebbe stato alla repubblica il privarla di tanti fra i primi cittadini stati in altri tempi grandemente benemeriti della patria, finirono per ammansare le ire. A mezzanotte furono i ribelli scortati alle proprie case, e il giorno dipoi molti di essi, fra cui i Grimaldi e i Fieschi, bandeggiati.
      Ritornata la quiete e riaffacciate in consiglio le proposte dei Pisani, non furono accettate, tanto più che, differendo essi la consegna del castello di Cagliari, dimostravano che le loro proposizioni, più che la pace, aveano per fine di acquistar tempo e prepararsi alla guerra. Pensò in primo luogo il governo ad instituire un magistrato di quattordici membri, chiamato il Consiglio di Credenza, incaricalo principalmente delle cose spettanti alla guerra e all' equo ripartimento delle navi e delle leve, tanto nella città, che nelle riviere, onde si trovò che ad un caso di bisogno la repubblica poteva armare centoventi galere. Intanto Nicolò Doria, còlto il destro, s'impadroni, per un colpo di mano, dell'isola d'Elba, fortificata poi da Corrado Doria. Questi, con diciassette galere destinate per l'Oriente, costrinse a rientrare in porto una squadra pisana mossa alla ricuperazione dell' isola. Si strinse nell' istesso tempo una nuova lega coi Lucchesi contro Pisa, e fu stabilito che, mentre i primi assalterebbero la città per terra, i Genovesi tenterebbero il porto colla flotta. Corrado Doria, con una squadra di venti galere, cominciava col minare una torre che
     


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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova
1856 pagine 607

   

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