Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini
146 STORIAci&ta rottura della pace a stare iu guardia, e ambasciatori a Costantinopoli per chiedere l'alleanza dell'imperatore, il quale protestò di voler rimaner neutrale, fu ordinato a Nicolò Spinola, capo dell' ambasceria, di prendere il comando di diciotto galere che navigavano in Oriente più per ragioni di mercatura che di guerra, e tenersi pronto ad ogni evento. Avuto avviso il Genovese che i Veneziani con ventotto navi aveano predato tre legni carichi di ricca mercanzia, ad onta della sua inferiorità si mosse per trovare l'inimico. Incontratolo in vista dell' Armenia minore, e venuto a parlamento, gli intimava rendesse le prede ingiustamente fatte, perchè la rottura della tregua non era ancora denunciata. Rispondevano i Veneziani con l'avvicinarsi ordinati in battaglia: allora lo Spinola, voltate celeremente le prore al vicino porto di Laiazzo, e armate ivi con uguale prestezza diciassette fuste, raggiunse l'inimico, il quale confidando nel numero si teneva sparso e disordinato. Vistosi venire addosso i Genovesi stretti e risoluti a combattere, fece l'ammiraglio veneto Marco Basilio ogni sforzo per rannodare le sue navi, ma avanti che gli venisse fatto, i nemici davano dentro (1294, 22 maggio)..
Fu la battaglia breve e poco contrastata; venticinque navi veneziane insieme con l'ammiraglio restarono in potere dei Genovesi; tre sole scampate recarono in patria la fatale novella. Uscirono tosto i Veneziani alla riscossa con sessanta galere, ma non poterono tirare a battaglia quaranta galere genovesi che incontrarono presso la Sicilia. Poco dopo Andrea Dandolo, il quale con dieci galere da guerra ed una carovana di navi mercantili si era fermato all' isola di Sapienza, a mezzogiorno della Morea di contro il golfo di Corone, sorpreso nella notte da otto navi genovesi che gli davano la caccia, perdeva tutte le navi mercantili, senza che gli fosse dato difenderle. Queste successive sconfitte aveano messo in cuore ai Veneziani grandissimo desiderio di vendicarsi: minacciavano che sarebbero venuti a trovare i loro nemici fino nel mar ligustico, mentre i Genovesi rispondevano, che per risparmiar loro la via li avrebbero attesi nel mar di Sicilia.
Bonifacio Vili pontefice, presentendo a quante sanguinose collisioni accennavano queste minaccio, intimò alle due parti di interrompere le ostilità fino a un tempo prefisso, ed egli intanto, per mezzo degli ambasciatori e del vescovo di Genova e il patriarca di Venezia, si sforzava di fare accettare una conciliazione. Dopo lunghi dibattimenti, riuscita inutile ogni pratica
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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova 1856
pagine 607 |
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Pagina (162/637)
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