Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini
DI GENOVA 173
erano soliti portare. Fu V imperatore alloggiato nel palazzo del Comune, la corte nel convento di S. Domenico; Guelfi e Ghibellini, almeno in apparenza, si mostravano amici.
Ma alla maggior parte dei cittadini dava sospetto la grazia eccessiva, in cui era Opizino presso r imperatore, e si temeva eh' ei ne profittasse per ottenere il capitanato. Ad ovviare a questo nuovo seme di discordia, e perchè ai rancori compressi, ma non spenti, fosse dato tempo sufficiente 'di quietare totalmente, opinarono i savii della repubblica, e convennero i più di dare per venti anni la signoria della città ad Arrigo. Esternarono alcuni il timore che questa misura non fosse con scapito futuro della libertà, ma prevalendo l'influenza del presente ad ogni considerazione dettata dalla prudenza, fu stabilito che l'imperatore eserciterebbe la sua autorità, o personalmente, oppure per mezzo di un suo vicario, in caso di assenza; le cariche fossero ripartite ugualmente fra Guelfi e Ghibellini; la repubblica lo aiuterebbe in tutte le spedizioni circoscritte fra il mar di Provenza e quello di Sicilia; se la sua vita venisse a mancare avanti il termine dei venti anni, così cesserebbe nel medesimo tempo il dominio imperiale sulla città.
Sulla Piazza di Sarzano, essendo presente il popolo e le magistrature, fu prestato solenne giuramento di soggezione al nuovo signore, il quale iniziò il suo regime con T esigere graziosamente dalla città ottantamila fiorini d'oro, sessantamila per sè, e ventimila per r imperatrice' che lo accompagnava. Li riscoteva, non a titolo di tributo, poiché gli articoli del trattato vi si opponevano, ma come semplice donativo, e i Genovesi s'accorsero che anche Arrigo di Luxemburgo, ad onta delle splendide virtù, di cui lo volevano adorno gli Italiani di quei tempi, non era affatto scevro dei difetti, i quali aveano reso abbonito il nome imperiale ai loro padri : cioè sete di dominio, celata all' ombra di rancidi diritti, ed avarizia insaziabile. Oltre di ciò, il lungo soggiorno della corte, portando seco spese gravissime, eccitava delle mormorazioni in mezzo ad un popolo di abitudini così parche e temperanti, il quale vedeva, a malincuore, dissipato negli sfarzi cortigianeschi il pubblico tesoro.
Passato il primo fervore, si dolevano di avere con tanta facilità accettata nna signoria tedesca, essi che tanto animosamente l'avevano respinta ai tempi dei due Federighi. Non erano questi discorsi tanto segreti, che non
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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova 1856
pagine 607 |
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Pagina (173/637)
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