Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini

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      4 58 STORIAfossero pervenuti agli orecchi dell' imperatore, il quale, vedendosi con poche armi in mezzo ad una città popolosa, e che già cominciava ad essere mal disposta contro di lui, dubitava di qualche oltraggio. Nel resto dell'Italia le cose assumevano un aspetto minaccioso. Se la cacciata dei Della Torre da Milano, e le violenze contro Brescia e Cremona aveano irritati i Guelfi, e disingannatili, rispetto all'indole mite e pacifica di Arrigo, la inaspettata sottomissióne di Genova e la guerra che meditava contro il re Roberto di Napoli, li facevano ora accorti, che, sotto apparenze conciliatrici, si nascondevano progetti ambiziosi e libidine di dominio. Sotto l'influenza di queste ire e di questi timori, si collegavano in Toscana Fiorentini, Lucchesi, Sa-nesi, e occupavano i passi di Lunigiana; gli si voltavano contro nell'Italia settentrionale, Filippo di Svevia, Filippo di Langasco e le città di Asti, Novara, Vercelli, Mantova, La Romagna, negando obbedienza ai vicarii imperiali, riconosceva l'autorità del papa e di Roberto di Napoli; quest'ultimo, mentre offriva false proposizioni di pace per mezzo di 6uo fratello Giovanni, occupava Roma con mille cavalli. Tutti questi moti, la peste che, introdotta in Genova dai Tedeschi, mieteva i soldati e gli rapiva la moglie, e il malumore che per di più covava fra i cittadini, per i motivi suaccennati, determinarono l'imperatore a lasciar la città e recarsi a Pisa, dove lo chiamavano i voti di quella repubblica sempre ghibellina.
      Stavano preparate nel porto venti galere sotto gli ordini di Lamba Doria, già armate per la guerra meditata contro il re Roberto. Sovra queste, e scortato da un' altra squadra di dieci navi pisane, si trasferì Arrigo in To-soana. Onorato a Pisa di feste, e rinfrancato di danari, di cui pativa estremo difetto, andò a Roma per la corona dell'impero, la quale ricevè dalle mani di tre cardinali deputati a questo ufficio da papa Clemente V. Di là si volse con l'esercito contro Firenze, risoluto di far l'impresa di Napoli, quando fosse riuscito a schiacciare la più fiera testa dell' idra guelfa in Toscana. Ma troppo debole per una città ricca e fornitissima d'armi, dopo quattro mesi spesi in derubare il contado, più da masnadiere che da principe, si tolse giù vergognosamente dall' assedio. Perseverava, non scoraggio, nei pensieri contro il regno, ma inacerbitasegli una febbre che lo rodeva da qualche tempo, cessò di vivere a Bonconvento, terra sul contado di Siena, non senza sospetto che un frate, propinandogli il veleno nell'ostia sacra, gli avesse accelerata la morte.
     


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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova
1856 pagine 607

   

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