Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini
DI GENOVA 479
alla fazione che aveano combattuta; parecchi, sdegnosi di sottomettersi, si ritrassero in Monaco, da dove tenevano viva, pirateggiando e corseggiando in piccole squadre, una minuta guerra marittima. Si dava fine intanto, onorevolmente, a quella più importante tra la repubblica e il re d'Aragona. L'interposizione del re di Francia, e F abbandono del giudice d'Arborea, che tirato dalle lusinghe di Alfonso ed allettato dalla proposta di un matrimonio tra il suo primogenito e la figlia di quello, si era dato a favorire nelF isola le parti aragonesi, resero i Genovesi più inchinevoli a questa conciliazione. Furono le condizioni della pace: liberazione reciproca dei prigionieri; la parte della Sardegna, conquistata dagli Aragonesi, rimanesse loro; ai nati Genovesi, e divenuti sudditi del re, fosse fatta facoltà di governarsi con le leggi patrie, e rinunciasse il re alle sue pretenzioni sul-l'isola di Corsica (4336).
In una repubblica travagliata da tante fazioni, piena d'umori cosi diversi e governata da un potere non abbastanza radicato, era cosa difficile il mantenere a lungo la concordia ed un regime duraturo; così non farà maraviglia se un caso in se stesso piccolo bastò a produrre una mutazione sostanziale.
Ferveva la guerra (4338) tra Filippo di Valois re di Francia e Odoardo III d'Inghilterra, il quale, giovane e potente, volendo vendicare con l'armi i diritti che pretendeva al regno di Francia, come discendente pel lato materno da Filippo il Bello, con l'aiuto delle navi fiamminghe si accingeva a passare la Manica. Per istornare la procella che lo minacciava, Filippo di Valois, allora debole sul mare e mosso dalla fama della virtù genovese su questo elemento, avea prese al suo soldo venti navi somministrategli dal governo della repubblica ed altre venti dagli esuli di Monaco; le quali tutte, quasi dimenticando le gare private dove si trattava dell' onore comune della nazione, si erano accolte sotto gli ordini di Antonio Doria.
Veleggiava la flotta genovese nelle acque di Fiandra, quando l'avarizia dei padroni delle navi e del capitano fece prorompere a tumulto le ciurme, irritate perchè non fosse pagato loro il soldo pattuito, e perchè il valore nominale delle poche monete ricevute fosse maggiore di quello reale. Così non avendo il Doria e gli altri uffiziali dato ascolto sul principio ai lamenti dei marinari, l'ammutinamento divenne generale. Era capo della rivolta un Pietro Capurro di Voltri, il quale, ad onta delle rimostranze fattegli
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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova 1856
pagine 607 |
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Pagina (195/637)
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