Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini

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      180 STORIAdai più savi, risolvè di andare personalmente alla corte ad impetrare giustizia per sè e per i suoi confratelli. Accompagnato da alcuni dei più infervorati, si presentò infatti il Capurro arditamente avanti al re; e come quello che, cresciuto in libera repubblica, ignorava le maniere e i parlari cortigianeschi, espose con rozze e risentite parole l'ingiuria che dal capitano era fatta a sè ed a' suoi, minacciando che, ove non fosse loro data la debita soddisfazione, tutti avrebbero disertate le navi e abbandonate le bandiere di Francia.
      Ma per quell'antico uso che lascia impunite le infamie dei grandi e conculcate sempre le ragioni del povero, il re, non che commosso, inasprito dai reclami del Capurro, ordinò che fosse cacciato in carcere. Gli altri che l'accompagnavano, stimandosi fortunati di potere scampare, narrarono il resultato dell'ambasceria a quelli delle navi, i quali, inviperiti per la nuova ingiuria e timorosi delle pene, si ridussero per terra dopo incredibili stenti e fatiche alla patria. Per le dolorose ed infiammate parole dei reduci che esageravano passionatamele le cose fino a narrare del supplizio capitale del Capurro, sorse una commozione d'ira e di pietà fra le plebi marinaresche ed artigiane delle città e delle valli della riviera di ponente, e quantunque il subito ritorno del Capurro smentisse la fama del supplizio, pure non veniva meno l'irritazione contro la nobiltà, e la voce che accusava i pa-trizii come seminatori di perpetui scandali e distruttori della libertà e della antica floridezza della repubblica.
      I popolani di Savona, a cui appartenevano in gran parte i marinari ritornati, insieme coi vallesani di Voltri, della Polcevera e del Bisagno, erano i più caldi in queste proteste; anzi i primi, dubitando di qualche subito assalto dalla parte dei nobili, collegatisi con i paesani di fuori, si accolsero a consiglio nella chiesa di S. Domenico di Savona, dove uno del popolo, salito sovra il pulpito, dopo avere enumerati i danni patiti dal Comune per le insolenze patrizie, eccitava gli ascoltatori a scuotere il lungo ed obbrobrioso giogo. Questo discorso fini per portare al colmo P entusiasmo, e fu assegnato un giorno per fare una radunata in armi.
      Questi ardori si sarebbero forse intiepiditi da se stessi come succede nelle faccende popolari, più spesso gravide di rumori che di fatti, se non vi si fossero posti di mezzo Odoardo Doria ed altri nobili di Savona, i quali, timorosi che non seguisse di peggio, scesi in piazza coi loro partigiani fa-
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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova
1856 pagine 607

   

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