Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini
184 STORIAforza o per favore in mano di qualche nobile. In breve tempo amendue le riviere si sottomisero, eccetto Monaco e Ventimiglia, ove si erano accolti con quelli di parte guelfa tutti i nobili cacciati o scontenti, che forti d'uomini e di navi, non trascuravano occasione di danneggiare i sottomessi alla nuova autorità. Compiè il doge con molta energia il suo proposito; le fortezze di S. Maurizio e d' Andora, della cui fede si dubitava, furono distrutte; il castello di Lerici, caduto in mano di un nobile, fu riavuto per danari ; quello di Tassarolo, poiché udì d' un esercito che gli si preparava contro a Genova, si rese.
I nobili fuoruscili non trascuravano dal loro canto, o per mezzo della forza aperta o con trame ed intelligenze segrete con quei di dentro, di riavere il potere perduto. Assaltarono i Doria il castello di Pietralata, che si teneva per la repubblica, e passati a fil di spada i difensori, lo rovinarono (1340). Si tramava nell' istesso tempo una congiura, nella quale, oltre molti nobili della città, era entrato gran numero di popolani loro aderenti; ma scoperta per la vigilanza del Boccanegra, furono arrestati in una stalla, ove si erano rifugiati, due de' primi fra i nobili ghibellini, capi della trama. Dichiararono i rei, come vi fossero più di ottocento loro seguaci, i quali ad un giorno prefisso, insorgendo, si sarebbero impadroniti di un quartiere della città, e ivi difesi, finché non fosse giunto il soccorso promesso da quelli di fuori.
Irritato il Boccanegra di trovare cotanta opposizione là, ove la indulgenza usata precedentemente gli avea fatto sperare, se non un appoggio, almeno una tolleranza pacifica, volle provare, poiché le vie del perdono non bastavano, quelle della severità. Così furono i due nobili condannati a morte, e due popolarti, un macellaro ed un negoziante di grano, compromessi con loro gravemente, subirono insieme l'estremo supplizio. Giorgio Del Carretto, marchese di Finale, che avea tentalo di volgere a suo prò gli ultimi torbidi insorti nello Stato, fu trattato col medesimo rigore. Prese a pretesto alcune fortificazioni erette da quei d' Albenga nel marchesato di Clavesana, avea ordinato loro le rovinassero. Non essendo obbedito, entrò con ottomila uomini su quel d'Albenga, distrusse le fortificazioni summentovate, e guastò i piani circostanti, discorrendo sino alle porte della città.
Mosso da tali violenze, si affrettò il doge ad inviare (1341) verso la città minacciata, con molli legni sottili, alcune galere, di cui poteva disporre sul momento, e queste furono ben tosto seguitate da altre nove, giunte recen-
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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova 1856
pagine 607 |
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Pagina (200/637)
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