Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini
DI GENOVA 189
Allora, dopo avere invano reclamato per questi soprusi, poiché vide svanito ogni appoggio materiale e morale, risolvè di dimettersi dall' ufficio. Convocato il popolo in parlamento, si lamentò che non gli fossero state mantenute le promesse; che le calunnie dei suoi avversarli e dei maligni avessero più potuto nel popolo che la memoria dei benefìcii recati alla repubblica e la dirittura delle sue intenzioni, giuste finché vi era stata speranza di conciliazione; la pertinacia della nobiltà averlo costretto a modi severi: cosi, poiché la sua autorità, ad onta delle costituzioni che l'assicuravano, era da una maligna ostinazione stata ridotta ad una vana apparenza, egli la rimetteva nelle mani di quel popolo che gliel' aveva confidata, e lo scioglieva dal giuramento.
L' atto e le parole, essendo inaspettate, produssero piuttosto sbalordimento che commozione nella moltitudine. Depose il doge la veste ducale e la bacchetta d'oro, insegne della sua carica, e scesa la ringhiera si ritrasse prima nelle case degli Squarciafichi; di là dopo pochi giorni a Pisa, o perchè non si tenesse sicuro in Genova, o perchè non gli reggesse l'animo di ubbidire come suddito là ove avea signoreggiato per quattro anni come assoluto signore.
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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova 1856
pagine 607 |
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Pagina (205/637)
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Squarciafichi Pisa Genova
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