Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini
240 STORIAper la protezione scoperta del partito guelfo, non fu condannato. In circostanza cosi grave il doge Giovanni Valente, radunato il consiglio, interpellò i convocati intorno alle misure che ciascuno credesse più opportune per rimediare alle presenti necessità della patria. In mezzo alla titubanza universale e alla disparità delle opinioni, fu emessa da alcuno ed accolta dalla maggiorità, una proposizione pericolosissima alla dignità ed alla libertà della repubblica; di confidarne cioè la protezione a Giovanni Visconti, signore ed arcivescovo di Milano, allora potentissimo fra tutti gli altri governi d'Italia, e temuto e odiato da essi, in proporzione, specialmente dai Veneziani. Si opposero alcuni fra i più generosi; ma non avendo a proporre altro partito più acconcio all'opportunità, e il Doge mostrandosi disposto a rinunziare di buon grado l'autorità, trionfò r opinione più svantaggiosa.
Convocato adunque il parlamento, fu ottenuta facilmente l'approvazione del popolo, perchè dopo la rotta di Alghero, intercettando i confederati le vettovaglie dalla parte del mare, e il Visconti, il quale forse per mezzo dei suoi agenti cercava di tirare i Genovesi a questo passo, avendo chiusa la tratta dei grani dalla Lombardia, sperava la plebe affamata che accettando la signoria dell' Arcivescovo sarebbe cessato almeno il caro dei viveri. Quattro ambasciatori inviati a Milano, dopo avere conferito col Petrarca allora vivente a quella corte, e udite le libere parole di lui con le quali deplorava la necessità che spingeva una così nobile repubblica a sacrificare la propria autonomia, si presentarono a Giovanni Visconti, offrendogli sotto determinate condizioni e sua vita durante la signoria della città. Il Visconti accolse graziosamente gli ambasciatori e l'offerta signoria; promise di rispettare scrupolosamente le condizioni imposte, e insieme con Guglielmo Pallavicino, uomo di gentili costumi, inviò a Genova grandi provviste di grano.
Mandò nel medesimo tempo Francesco Petrarca a Venezia, con la missione di proporre al senato una conciliazione fra le due repubbliche; ma gli sforzi del grande poeta, quantunque fatti con tutto l'entusiasmo di una anima ingenua e caldissima di verace amore dell'Italia, non portarono quel frutto che egli se ne era ripromesso; perchè i Veneziani maggiormente irritati contro i loro rivali per una sottomissione che cresceva le forze ad un vicino anche troppo potente, collegatisi con i signori di Padova, di Verona, di Modena, e di Mantova, timorosi tutti e però odiatori del Visconti, perseverarono
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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova 1856
pagine 607 |
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Pagina (226/637)
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