Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini

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      214 STORIAI Veneziani intanto (1355), oltre la recente sconfitta, travagliali internamente dalla congiura di Marin Faliero, e al di fuori dalla guerra di Lodovico re d'Ungheria, essendo troppo indeboliti per riequipaggiare una flotta, chiesero ed ottennero una tregua. Moriva in questo tempo nel colmo della sua potenza Giovanni Visconti, lasciando lo Stato ai tre suoi nipoti Matteo, Bernabò e Galeazzo, i quali seguitarono pure nel dominio della città. Poiché il luogotenente Pallavicino non appena seppe la morte di Giovanni, senza consultare i magistrati, preoccupò la via ad ogni altro consiglio, col mandare quattro ambasciatori scelti da lui a rassegnarne l'obbedienza nelle mani dei nuovi signori. Per intromissione di essi fu conclusa finalmente la pace con Venezia a condizioni tanto miti, se si guarda allo stato critico in cui questa si trovava, che sul sepolcro di Giovanni Gradenigo doge, che vi si adoperò potentemente, scrissero i suoi concittadini riconoscenti: — autore di una pace utile —. Rinunciava Venezia al commercio della Tana per tre anni, durante i quali l'avrebbe esercitato in Cafifa. Pagava dugentomila fiorini per il riscatto dei prigionieri e le spese della guerra : al re d'Aragona era data facoltà di entrare nell'accordo purché restituisse Alghero. Ma facendo mostra V Aragonese di non voler condiscendere a questa condizione della pace, sedici galere partirono (1356) alla volta della Sardegna sotto gli ordini di Filippo Doria affine di sostenere gli indigeni contro gli sforzi del re.
      II capitano genovese, contro le istruzioni ricevute, avendo udito sulle coste della Sardegna di una rivoluzione scoppiata in Tripoli di Barberia, la quale, sottrattasi alla signoria del re di Tunisi, era venuta in mano ad un usurpatore, sperando di avere occasione di pescar nel torbido, si indirizzò con le navi all'Affrica. Giunto a Tripoli, per non crescere i sospetti destati dalla sua subita comparsa, sbarcò solo alcuni dei principali ufficiali, affinchè esplorassero bene la situazione e i ripari della città, e gli altri ritenne tutti sulle navi. A notte, ripresi a bordo i suoi, si allontanò: poiché fu in alto, aprì a tutti il suo consiglio, di sorprendere cioè con un subito assalto la città e saccheggiarla. L'ingordigia della preda fece che tutti si trovassero d'accordo: onde accostatisi tacitamente, e appoggiate le scale alle mura che danno sul porlo, entrarono dentro silenziosi ed inavvertiti. Levato il rumore dell'armi ed occupati i siti forti, ebbero senza contrasto la terra, e saccheggiatala per varii giorni, si trovò ammontare la
     


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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova
1856 pagine 607

   

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