Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini
236 storia ni r* e n o v apace ad ogni costo, il doge ed il Senato essi stessi privi di consiglio e sopraffatti dal dolore, si sforzavano in così estremo pericolo della patria di rimediare alle necessità più urgenti. Fu ristretto il cerchio della difesa, Malamocco sgombrato, il porto di S. Niccolò maggiormente rafforzato con triplici catene di ferro, deputati due provveditori speciali alla custodia della piazza di S. Marco e del ponte di Rialto. Poi considerando queste misure più atte a differire la caduta che ad impedirla, mandarono ambasciatori in Ghioggia al Capitano genovese per richiedere la pace a qualunque più estrema condizione.
Inchinavano i commissari del Patriarca di Aquileia, e del re d'Ungheria ad accettare le offerte ; il Signor di Padova si mostrò deferente alle intenzioni di Pietro Doria che già conosceva, e questi a cui l'anima superba, con la vittoria era divenuta superbissima, rispose con piglio feroce, non averlo la sua repubblica mandato per trattare con Venezia, ma sibbene per distruggerla e per torre ai cittadini di lei la vita in modo che il nome veneziano sparisse dal mondo. Riportassero indietro i prigioni genovesi che eran venuti offerendogli, fra pochi giorni egli stesso sarebbe venuto a liberarli. Le esigenze del re di Ungheria che con un forte esercito, guidato da Carlo duca di Durazzo suo figlio assediava Trieste, non furon minori poiché agli ambasciatori che lo richiedevan di pace, rispose che l'avrebbe accettata purché alla bandiera di S. Marco fosse sostituita la sua, la approvazione di lui convalidasse l'elezione del Doge, gli fossero pagati cinquecentomila ducati entro un tempo determinato e cinquantamila annualmente.
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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova 1856
pagine 607 |
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Pagina (252/637)
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